DOSTOEVSKIJ E L’INTELLIGENZA ARTIFICIALE di Mario Agostinelli

 

La popolazione umana inizierà a diminuire a livello globale tra qualche decennio invertendo le tendenze di quasi un millennio. Gli esseri umani non sono mai stati tanti prima, perché negli ultimi 900 anni, i progressi in termini di longevità, sicurezza e benessere sono stati accompagnati dall’aumento della popolazione. L’andamento del progresso e l’aumento della popolazione sarebbero altamente correlati, rafforzandosi reciprocamente. In questo stesso momento storico stiamo creando molte intelligenze artificiali, assistenti, robot e agenti, che potrebbero non solo creare cose nuove e vecchie, ma anche consumarle, continuando a far crescere l’economia in un modo nuovo. Siamo ad un passaggio economico – come afferma Paolo Benanti – da chi nasce a chi viene creato, che indicherebbe un passaggio da un regime biologico a uno basato sul “fabbricato”.

Ma non è in campo solo questa eventualità. Sergio Contiero ammonisce che l’eclissi dell’esperienza integrale che sta minando le basi di un autentico umanesimo conduce

inevitabilmente all’oblio della conoscenza della persona nella sua interezza di unità inscindibile di corpo e psiche. È il punto di partenza per interrogarsi sul perché nell’attuale contingenza storica si esalti e si trovi rifugio sulle pervasive tecnologie dell’intelligenza artificiale e della realtà virtuale, mettendo in ombra la complessità dell’esperienza umana, dato che la complessità è una caratteristica dell’essere umano che non è riducibile agli elementi unicamente biologici e chimici. La persona è tale non solo per le sue componenti biologiche e chimiche e per i processi neuronali, ma

soprattutto per le manifestazioni emotive, concettuali e per le azioni responsabili e libere che connotano la sua peculiare soggettività.

Renato Curcio, in sintonia con Contiero, osserva come l’eclissi dell’esperienza integrale che sta minando le basi di un autentico umanesimo conduca inevitabilmente all’oblio della conoscenza della persona nella sua interezza di unità inscindibile di corpo e psiche. Anch’egli si interroga sul perché oggi vada in ombra la complessità dell’esperienza umana anche sotto il profilo sociale, tenendo conto che le intelligenze umane sono tanti miliardi quanti sono le persone differenti. Poiché la tecnica e il sociale non vanno confusi, non va confusa tantomeno la differenza tra strumentale e vivente e, dato che i due mondi in essenza “non c’entrano” tra di loro, il momento aggregativo (il sociale) fondato sulla vita si sottrae ad una lettura basata prevalentemente sulla matematica e la statistica.

Questa premessa mi serve per riandare ad una formidabile analisi che Fedor Dostoevskij a metà 1800 espone in “Memorie dal sottosuolo” attribuendola ad un protagonista anonimo che in quei passi riflette nel profondo il pensiero dell’autore, libero, con questo stratagemma, di ascriverlo a sé stesso. Assai utile per liberarci dalla sbornia del superomismo della intelligenza artificiale e dalle pretese come quella che i modelli linguistici di grandi dimensioni delle Big Data cerchino di compattare l’intera conoscenza umana su Internet in un modello… Qui di seguito alcuni passi significativi del grande autore russo.

L’uomo non sa comportarsi come vorrebbero la ragione e la scienza. E tuttavia voi siete assolutamente convinti che l’uomo, senza dubbio. lo imparerà non appena scompariranno definitivamente certe vecchie, cattive abitudini e prevarranno il pensiero buono e la scienza che educheranno, correggendola, la natura umana […] e che automaticamente [l’uomo] non avrà più l’esigenza di separare la propria volontà dai propri normali interessi. Non basta: allora, dite voi, la stessa scienza insegnerà all’uomo (sebbene a mio avviso sarebbe perfino un eccesso) che in effetti in lui non c’è né volontà né capriccio. né li ha mai avuti, e che lui stesso non è nient’altro che il tasto di un pianoforte o lo spinotto di un organo [e che] qualunque cosa egli faccia, non dipende proprio dalla sua volontà. ma avviene per conto suo, secondo le leggi della natura. […] Di conseguenza occorre soltanto scoprirle codeste leggi, e l’uomo non avrà più bisogno di rispondere delle proprie azioni: […] tutte le azioni umane allora saranno automaticamente valutate secondo queste leggi, matematicamente, come le tabelle dei logaritmi [e] tutto sarà così perfettamente calcolato e definito, che nel mondo non ci saranno più né accadimenti né avventure. Allora – siete sempre voi a parlare – nasceranno nuovi rapporti economici, già predisposti e calibrati con esattezza matematica, così che in un attimo spariranno tutti i possibili quesiti per la semplice ragione che si troveranno tutte le possibili risposte. Certo non si potrà garantire in alcun modo (questo lo dico io) che allora non si crepi di noia (cosa ci sarà da fare se tutto sarà calcolato secondo una tabellina!). […] Allora non mi stupirei affatto se all’improvviso spuntasse fuori un gentleman con una fisionomia spregevole, o per meglio dire retrograda e beffarda, si mettesse le mani sui fianchi e dicesse a tutti noi: «Allora, signori, non è il caso, una buona volta, di prendere a calci tutta questa ragionevolezza, di mandarla in frantumi, unicamente con lo scopo di mandare al diavolo i logaritmi e di tornare a vivere secondo la nostra stupida volontà?». […] L’uomo ha bisogno soltanto di essere indipendente nella sua volontà di scelta, qualunque prezzo abbia la sua indipendenza e ovunque lo conduca. […]

“Ma dove sta la libera volontà?” mi interrompete voi, sghignazzando. «Perfino la scienza, ormai, è riuscita ad anatomizzare a tal punto l’uomo che risulta ormai noto come la volontà e il cosiddetto libero arbitrio non sono altro che…» Un momento, signori, proprio da qui volevo cominciare. […] Se un giorno troveranno davvero la formula di tutti i nostri desideri e i nostri capricci, cioè scopriranno la loro origine, le leggi che realmente li determinano, come esattamente si dilatano, dove tendano in un caso o nell’altro, eccetera, eccetera, cioè una vera formula matematica, allora l’uomo smetterebbe subito di volere, probabilmente. Che gusto c’è a volere sulla base di una tabella aritmetica? Ma c’è di più: si trasformerebbe subito da uomo in uno spinotto d’organo o in qualcosa del genere. […] E però quando tutto risulterà chiaro, sarà calcolato sulla carta, allora, si capisce, non ci saranno più i cosiddetti desideri. […]

Ma siccome tutto il nostro volere e la nostra razionalità potranno davvero essere calcolati, visto che prima o poi le scopriranno pure queste leggi del nostro cosiddetto libero arbitrio, ne consegue, scherzi a parte. che si può creare qualcosa come una tabella in modo che noi potremo realmente dirigere la nostra volontà sulla base di questa tabella. Perché se un giorno mi dimostrassero, coi dovuti calcoli, che se io ho fatto a qualcuno un gestaccio è perché non potevo assolutamente non farlo e dovevo usare proprio quel dito, allora che cosa mi sarà rimasto di libero soprattutto se sono un uomo colto e sono uscito da una facoltà di scienze? E così posso calcolare in anticipo la mia vita per i prossimi trent’anni: in una parola, se questo accadrà, non avremo proprio nulla da fare: tanto si dovrà consentire. E in generale non dovremo mai stancarci di ripetere a noi stessi che in quel dato momento e in quelle determinate circostanze la natura non ci verrà a chiedere il parere; che occorre accettarla così com’è e non come la vede la nostra fantasia, e se davvero noi aspiriamo a una formulazione aritmetica, be’ non possiamo che accettarla. Vedete: la razionalità, signori, è una bella cosa, non si discute, ma la razionalità è solo la razionalità e soddisfa soltanto la facoltà ragionativa dell’uomo; il «volere» è l’espressione di tutta la vita, cioè di tutta la vita umana che comprende la ragione, ma anche tutti i vari capricci.

E sebbene la nostra vita in questa manifestazione risulti il più delle volte una porcheria. è comunque vita e non solo l’estrazione di una radice quadrata. […]

E’ del tutto naturale, per esempio, che io voglia vivere per soddisfare tutte le mie capacità di vivere e non per soddisfare solo la mia capaciti ragionativa, cioè qualcosa come un ventesimo della mia intera capacità di vivere. Che cos’è la ragione? La ragione sa solo quello che ha fatto in tempo a conoscere (altro non saprà mai; non è certo una consolazione. ma perché non ammetterlo?), la natura umana invece agisce compatta, con tutto ciò di cui dispone, coscientemente e inconsciamente. e se anche mente, tuttavia vive. L’uomo […] deve avere il diritto di desiderare per sé anche la cosa più insensata e non essere vincolato all’obbligo di desiderare solo ciò che è intelligente….

In ogni caso, ci conserverà la cosa più importante e più preziosa: la nostra personalità, l’individualità. Alcuni in effetti sostengono che si tratta del bene più prezioso dell’uomo: la libera scelta. Ma la libera scelta spesso, anzi il più delle volte. contrasta completamente e caparbiamente con la ragione…

Gli uomini sono sempre uomini e non tasti di pianoforte su cui suonino le leggi della natura, con la minaccia di suonare fino alla fine le «note» del calendario, tanto che non gli resterà più niente da volere… […] Ma voi mi gridate (se ancora mi considerate degno del vostro grido) che nessuno mi toglie la libertà, che si tenta in qualche modo soltanto di ottenere che la mia volontà. per mia libera volontà, coincida con i miei normali interessi, con le leggi della natura, e con l’aritmetica.

 Due volte due fanno quattro anche senza la mia volontà. […] …Esiste una legge per tutta l’umanità?

Per il momento resta ancora una vostra supposizione. Ammettiamo che sia una legge logica, ma forse non è affatto umana. …  L’uomo è un animale prevalentemente creativo, destinato a perseguire coscientemente uno scopo e a occuparsi di arte ingegneristica, cioè impegnato eternamente e ininterrottamente ad aprirsi una strada in qualunque direzione. Ma può darsi che ogni tanto gli venga l’estro di fare una deviazione. …

L’uomo ama creare e costruire strade, è indiscutibile. Ma come mai ama anche alla follia la distruzione e il caos? (e non c’è dubbio che qualche volta li ami molto). […]

Magari tutto lo scopo dell’esistenza cui l’umanità aspira si racchiude nell’inestinguibilità del perseguimento dello scopo, o per dirla in altro modo, nella vita e non nello scopo, che s’intende, dev’essere nient’altro che due-per-due-quattro, cioè una formula, ma due-per-due, signori, non è già più vita, è piuttosto l’inizio della morte. …”

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