Ho esitato a lungo prima di scrivere. Non vorrei essere classificato come amico di Putin, o addirittura di Matteo Salvini (2019: “Putin è uno dei migliori uomini di governo che ci siano in questo momento sulla faccia della terra”. Poi però ha cambiato idea).
No. Putin ha aggredito l’Ucraina e la guerra ha causato quasi un milione di vittime tra morti e feriti, milioni di profughi, immani distruzioni. Comprensibilmente, il 23 marzo 2023 la Corte Penale Internazionale ha emesso un mandato di arresto nei confronti di Vladimir Putin per crimini di guerra in Ucraina.
“Audiatur et Altera Pars”.
Ciò non toglie che si valutino anche le responsabilità dei paesi occidentali. La Russia ha risposto anche all’allargamento della NATO fino ai suoi confini, in dispregio delle molte garanzie che ciò non sarebbe mai successo.
Dopo il crollo del Muro di Berlino (1989) l’Ucraina ha proclamato la sua indipendenza dall’URSS (24 agosto 1991); la Russia ha acconsentito alla riunificazione della Germania e alla sua adesione alla NATO e ha ritirato i 340.000 soldati sovietici dalla DDR. Ha chiesto in cambio che la NATO non si estendesse ulteriormente verso Est.
Jack Matlock, ambasciatore americano a Mosca dal 1987 al 1991, in un’intervista rilasciata al Corriere della Sera (15 luglio 2007) afferma: “Quando ebbe luogo la riunificazione tedesca, noi promettemmo al leader sovietico Gorbačëv – io ero presente – che se la nuova Germania fosse entrata nella Nato non avremmo allargato l’Alleanza agli Stati ex satelliti dell’URSS nell’Europa dell’Est. Non mantenemmo la parola.”.
Il 31 gennaio 1990 il Ministro degli Esteri tedesco, Genscher dichiara che la NATO “non si sarebbe avvicinata ai confini dell’Unione Sovietica”; il 5 febbraio il Segretario di Stato americano James Baker promette che la NATO “non avrebbe espanso di un centimetro la sua sfera di influenza verso Est” e concorda con Gorbačev che qualunque estensione dell’area occupata dalla NATO è inaccettabile. In un’intervista al Daily Telegraph (7 maggio 2008), Gorbačëv dice che Helmuth Khol gli aveva assicurato che la Nato «non si muoverà di un centimetro più a est».
Il rappresentante degli Stati Uniti, Raymond Seitz, dichiara: «Abbiamo promesso ufficialmente all’Unione Sovietica, nei colloqui 2+4, così come in altri contatti bilaterali tra Washington e Mosca …. che la NATO non dovrà espandersi al di là dei confini della nuova Germania». Nel marzo 1991, il primo ministro britannico John Major promette, durante una visita a Mosca, che l’adesione alla NATO di Paesi come Polonia, Ungheria e Repubblica Ceca “è fuori questione”.
Non può stupire che la Russia abbia reagito alla violazione degli impegni presi dall’Occidente e alla presenza di forze ostili ai suoi confini. Ricordiamoci che, quando l’URSS cercò di installare i suoi missili a Cuba (luglio 1962), la reazione di Kennedy fu durissima.
Veniamo a oggi. In quasi tutta Europa, da tempo, si proclama insistentemente che la Russia rappresenta per noi una minaccia, anche sul piano militare. Le voci in dissenso, criticate come asservite a Putin, sono quasi assenti Ma non ci sono segnali di questi progetti di aggressione militare. Inoltre sembra improbabile che la Russia, che non è riuscita in tre anni a piegare l’Ucraina, voglia aggredire uno Stato della NATO, visto l’articolo 5.
(Articolo 5: “Le parti convengono che un attacco armato contro una o più di esse in Europa o nell’America settentrionale sarà considerato come un attacco diretto contro tutte le parti, e di conseguenza convengono che se un tale attacco si producesse, ciascuna di esse […] assisterà la parte o le parti così attaccate intraprendendo […] l’azione che giudicherà necessaria, ivi compreso l’uso della forza armata”.)
In sostanza, sancisce che se una nazione facente parte della NATO viene attaccata, le altre devono intervenire in sua difesa. Se la Russia attaccasse l’Estonia o la Polonia, si troverebbe a combattere anche contro Germania, Francia, Svezia, eccetera, anche se non contro gli Stati Uniti, vista la nuova politica internazionale di Donald Trump.
Basta considerare i bilanci militari per capire che un passo del genere sarebbe insensato: la spesa militare della Russia è nettamente inferiore a quella comlessiva dei Paesi europei nella NATO; non ignoriamo però la debolezza dei paesi NATO, le cui forze armate mancano di ogni coordinamento.
Spesa per la difesa (in miliardi di dollari)
Stati Uniti 664
Unione Europea 237,7
Regno Unito 68,1
Russia 65,6
L’insistenza acritica sulla minaccia russa mi ricorda la famosa battuta in “Lewis Carroll – Caccia allo snualo: “L’ho detto tre volte, e quello che dico tre volte è vero”.
Le considerazioni qui riportate non sono dettate da un generico senso di fastidio perché le accuse e i conseguenti allarmi mi appaiono infondati, ma perché hanno effetti negativi in una situazione molto delicata: le accuse alle mire russe di espansione, quindi a progetti di nuove aggressioni, in questo momento non favoriscono un accordo che metta fine a morti e distruzioni. E di questo accordo, ora più che mai, c’è assoluta necessità. I Paesi dell’Alleanza atlantica dovrebbero assumere un atteggiamento più equilibrato per favorire le trattative, senza giungere a sposare la tesi di Trump, secondo la quale è stata l’Ucraina ad aggredire la Russia! Tesi offensiva oltre che falsa.
Aggiungiamo che, per non provocare interventi militari della Russia, i Paesi che hanno forti minoranze russe dovrebbero evitarne la discriminazione o l’oppressione, cone è accaduto invece da parte dell’Ucraina verso le minoranze russe nel Donbass.
Già nel 2018 la Lettonia aveva vietato l’insegnamento in lingue non ufficiali, russo incluso. Il Cremlino aveva definito il provvedimento «un atto di discriminazione e di assimilazione forzata»
È questo il caso, attualmente, per l’Estonia, che ha deciso di abolire la lingua russa dalle scuole entro il 2030; è l’ultima di una serie di azioni simili: già nel 2022, ad esempio, il governo aveva deciso di smantellare i monumenti di epoca sovietica.
Così si intensifica la guerra culturale dell’Estonia, e in generale dei Paesi baltici, contro la minoranza russa. Così si generano nuovi attriti e si accentua il clima di tensione, in una situazione già tesa proprio nel momento in cui il quadro generale, ancorché scosso dalla decisione dell’amministrazione Trump di togliere il sostegno all’Ucraina, si apre a spiragli, se non ancora di pace, almeno di cessate il fuoco.
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