RITORNO AL NUCLEARE? L’ILLUSIONE DELLA CRESCITA GUIDATA DALLA INTELLIGENZA ARTIFICIALE. di Mario Agostinelli

 

PREMESSA: tre emergenze e la rotta irresponsabile dei governanti del mondo

Siamo, per la prima volta e contemporaneamente, al cospetto di una catastrofe climatica, di una guerra mondiale a pezzi – con lo spettro dell’arma nucleare sullo sfondo – e di una crescente disuguaglianza sociale, che cresce nel declino della democrazia. Eppure, i governi di quasi tutto il mondo marciano – come scrive Guido Viale – “come sonnambuli” verso un futuro che si presenta come una rotta irresponsabile, ancorata ad un modello di crescita priva del senso del limite, che favorisce una impressionante deriva sul terreno dei diritti e delle garanzie sociali. Come mettere in mora il cambiamento climatico e la pratica di estensione dei conflitti armati, se non rimuovendo e ripensando il vincolo della crescita e devolvendo le enormi risorse investite nelle armi verso un’azione globale? Un compito da inscrivere nel perimetro di una riconversione scandita su scala europea e da obiettivi globali stringenti, ispirata all’ecologia integrale e al criterio della sufficienza.

Va tenuto in conto che la negazione della scienza climatica e ambientale, dopo essersi ritirata tra il 2008 e il 2017, è tornata con prepotenza, alimentata da campagne aziendali e politiche – molte delle quali operano sottotraccia – e amplificata dai social media, mentre i governi stanno a guardare e noi, “piccoli guerrieri” (George Monbiot) ci dimeniamo di fronte all’esercito delle imprese, alle lobby militari e alla tecnocrazia dei miliardari padroni del web. Dobbiamo costruire il consenso sociale facendo riferimento allo Stato e alle istituzioni democratiche che perdono sempre più di significato, sia a livello locale, che internazionale. Ma chi ha visto all’opera gli Stati, sempre più intenti a competere? Chi non avverte che a livello globale la sostenibilità e la cura della Terra cedono il passo al mito della Intelligenza Artificiale e alle bordate dell’inflazione e alla crescita del debito con cui il capitalismo ripropone la crescita come paradigma immutabile?

Sotto questo profilo è di grande interesse esaminare una caratteristica imprevista del nostro tempo: il ritorno di un dibattito tutt’altro che scontato e fortemente deviante sul ritorno del nucleare, assecondato dalla richiesta di quote sempre maggiori di elettricità per le esigenze dei data center orientati allo sviluppo dell’Intelligenza Artificiale. Una richiesta pressante in “iperscalabilità” [1]– come dice Zuckenberg – che registra una crescita del consumo elettrico del tre percento solo per il 2024 e prevede quote ancora maggiori già nel 2025. Con la richiesta di una fornitura di energia sicura 24 ore su 24 e 7 giorni su 7, l’energia nucleare è rimessa in campo come la soluzione giusta. Vedremo che non è così, anzi, il pericolo di un massiccio ritorno dell’atomo va contrastato a partire dal soggetto in campo sul fronte del lavoro e del sindacato.

Devo aggiungere che, per la verità, il dibattito sul nucleare ha una traduzione italiana più volgare: lo scenario di un suo ritorno è finalizzato al blocco dei progetti più maturi ed estesi sulle rinnovabili, come attestano i dati di rallentamento della potenza investita nel 2024.

A monte di un ripensamento nell’Occidente sul nucleare c’è una situazione in cui uno schema di finanziamento o un sistema economico, basato sul costante ingresso di nuovi capitali per sostenere obbligazioni o debiti esistenti, collassa inaspettatamente perché non è più in grado di attirare nuovi investimenti o flussi di denaro sufficienti. L’immaginario dei mini-reattori nucleari e delle criptovalute, evocato dal mondo Big Tech e da quello dot.com USA, da Trump fino a Bezos, è l’interruttore che accende l’immagine di un capitale che ha costruito un proprio codice, capace di superare anche il “codice etico non scritto” della società di Smith: le consuetudini informali sembrano prevalere su quelle formali in un intreccio perverso tra tecnocrazie, interessi militari e autoritarismo politico.

 

LA VENUTA DI TRUMP E LA POLITICA ENERGETICA USA

Trump 2025: siamo difronte ad un negoziatore aggressivo per le sfide geopolitiche ed economiche del suo ritorno al potere. Innanzitutto, c’è da chiedersi se i suoi annunci si tradurranno in misure estreme o si tratta di una strategia elaborata per negoziare in tutti gli scenari possibili. La risposta a questa domanda è cruciale per la stabilità globale e merita un’analisi. Penso che sue pose siano il risultato di un calcolo e non il semplice prodotto di una personalità narcisistica. In lui la pianificazione è un dogma e con il suo io istrionico ed esagerato cerca di alterare il comportamento dei suoi avversari. Tra gli elementi che costituiscono la base della propria azione spicca, come regola fondamentale, quella di avviare ogni trattativa con le massime pretese possibili. Allora la dinamica del processo comporterà un cedimento, di regola molto lento. Sul quadro dei conflitti mondiali, ingrandito nel 2024, quelli previsi da Trump sembrano scenari ideali per ottenere vittorie che consolidino la leadership internazionale. La guerra commerciale è uno degli annunci più scioccanti della sua campagna elettorale. Una minaccia rivolta alla Cina, in quanto principale nemico economico degli Stati Uniti, ma che colpisce anche tutti coloro che hanno lì la principale destinazione delle loro esportazioni. Con Trump al potere si rafforza la tesi secondo cui gli Stati non difendono le idee o la moralità, ma piuttosto gli interessi commerciali. Lui, dì norma, prima minaccia, poi seguono le richieste impossibili e finisce con la negoziazione del possibile.

Al contrario, la sinistra democratica – come ha specificato Bennie Sanders – cerca ancora di mantenere viva una visione progressista del futuro nell’era Trump, con un programma che affronti le numerose crisi del lavoro e indichi il futuro verso una vita migliore per tutti come alternativa democratica al bigottismo, all’odio e alla disinformazione. Sono le generazioni future, la democrazia sociale e il benessere stesso del nostro pianeta che entrano in gioco. Come afferma Sanders “è la classe operaia che va messa in gioco per opporsi vigorosamente nei numerosi ambiti in cui non solo Trump sbaglia, ma sta portando avanti politiche estremamente pericolose”.

Questa configurazione dialettica di sottofondo della politica statunitense, che non potrà che interessare l’intero partito democratico, avrà una ripercussione anche sulla transizione energetica irresponsabilmente rallentata, ma non più dominata dall’Occidente a guida USA e, sul fronte militare, identificato con la dottrina della NATO a conduzione atlantica. Di fronte a nuovi riferimenti politici ed economici come l’Unione Europea pur in difficoltà per i rigurgiti nazionalisti, alla forza e alla presenza della Repubblica Popolare Cinese, al risveglio dell’India e alla recente espansione dei BRICS, dobbiamo tener conto di una valutazione più ampia: la Cina e, con più contraddizioni, l’India hanno ormai la leadership delle rinnovabili e trovano nei BRICS una sede di amplificazione rilevante. Nel complesso, essi dispongono di regioni ricche di risorse naturali e cercano di spostare il mondo in una direzione diversa da quella impressa dall’Occidente, nonostante la crisi delle Nazioni Unite. L’Iran, la Turchia, il Sudafrica, il Brasile e l’Indonesia dispongono di un forte apparato di difesa e di un’industria militare, ma rimangono dipendenti dal mercato delle tecnologie di difesa, dai chip, concentrati in pochi Paesi, e dai flussi finanziari. Pur dentro una dialettica che non ripete più quella della Guerra Fredda, lo sviluppo tecnologico sempre più sofisticato, che richiede maggiori risorse finanziarie e umane, la dipendenza dal mercato globale, i flussi di denaro, gli aiuti economici per affrontare le crisi, oltre a molti altri fattori, indicano a Trump come rendere “l’America great again”, affidandosi a Musk e mantenendo la stragrande maggioranza dei Paesi del cosiddetto Sud globale assolutamente dipendenti. Da qui partiamo per analizzare la svolta nella politica energetica degli Stati Uniti, dopo la fuoriuscita dai vincoli dell’accordo sul clima di Parigi.

Secondo un’analisi di Carbon Brief[2] i cambi in corsa di molte regole sotto la prossima amministrazione Trump potrebbero portare a 4 miliardi di tonnellate di emissioni statunitensi in più entro il 2030, che annullerebbero, moltiplicati per due, tutti i risparmi di CO2 ottenuti negli ultimi cinque anni grazie a eolico, fotovoltaico e altre tecnologie pulite in tutto il mondo. Una valutazione inquietante. Inoltre, in base alle analisi della agenzia Wood Mackenzie[3], erano previsti circa 7.700 miliardi di dollari di investimenti per il settore energetico statunitense nel periodo 2023-2050, che potrebbero scendere a 1.000 miliardi di dollari. L’elezione di Trump non invertirebbe la transizione energetica e la decarbonizzazione, ma avrebbe sicuramente l’effetto di frenarle. In dettaglio, i progetti eolici, fotovoltaici, di pompaggio e di trasmissione elettrica, potrebbero incontrare nuovi problemi autorizzativi se il neopresidente dovesse portare avanti la sua intenzione di modificare radicalmente le tutele federali.
Farà aumentare la produzione petrolifera Usa, riducendo le normative ambientali e ampliando le opportunità di leasing offshore e nelle terre federali, allenterà le norme statunitensi sulla riduzione delle emissioni fuggitive di metano, accelererà le autorizzazioni per i gasdotti, spostando la sua attenzione dall’eolico verso risorse convenzionali come l’estrazione di petrolio e gas naturale offshore, sosterrà nuovi progetti di gas naturale liquefatto (Gnl),  con il conseguente rilascio di quote maggiori di permessi di esportazione. Per quanto riguarda il nucleare, secondo le valutazioni di Qualenergia, proseguiranno i finanziamenti federali per progetti dimostrativi di reattori nucleari avanzati, per i piccoli reattori modulari e anche per la fusione nucleare, nonostante il regolare sforamento delle previsioni di costo e dei tempi di realizzazione, e nonostante l’immaturità industriale e tecnologica delle versioni più innovative del nucleare. Il sostegno al settore sarà probabilmente ancora più forte adesso, visto che i repubblicani hanno conquistato entrambe le camere e che sono tra i maggiori sostenitori di questa tecnologia.

Possiamo concludere che negli Usa l’insediamento di Donald Trump segna un ritorno a politiche pro-fonti fossili e contro le rinnovabili, mentre l’Ue sta assistendo a un tentativo di revisione del Green Deal da parte del Partito Popolare Europeo della presidente Ursula Von der Layen.

 

IL GOVERNO MELONI, RINNOVABILI E NUCLEARE DOPO I REFERENDUM

Ci sono quasi 8 GW di fotovoltaico in attesa di connessione finale alla rete. I dati sono forniti dalla piattaforma   di Terna aggiornati al 31 dicembre 2024[4]. I progetti riguardano il fotovoltaico e l’eolico per un totale di 59 pratiche totali, cui si dovrebbe aggiungere in questi giorni anche l’eolico off-shore di Civitavecchia, che fa parte delle 2.057 pratiche che riguardano anche l’eolico sulla terraferma (109,94 GW) e 132 l’eolico offshore (85, 48 GW). C’è una forte pressione dal basso e delle associazioni ambientaliste perché il governo abbandoni le sue remore negazioniste e abbandoni il criterio di neutralità tecnologica che tiene banco in Confindustria e sempre più conta accoliti a Bruxelles.

Ma il governo ha scelto di ammannirci il richiamo del nucleare, evidentemente per non fare i conti con l’urgenza della questione climatica e le soluzioni subito praticabili con l’estensione delle rinnovabili. Il ritorno del nucleare in Italia ha questo aspetto paradossale: un richiamo, uno specchietto per le allodole, per entrare fra dieci, quindici anni nel club dei dipendenti dalle riserve di uranio, che sono sottoposte ai controlli delle alleanze militari e ledono l’autonomia energetica nell’epoca delle guerre mondiali a pezzi.

Regole per i nuovi impianti nucleari entro fino anno, fine del processo normativo nel 2025, già dal 2030 le prime autorizzazioni: questi sono i tempi del centrodestra per il ritorno al nucleare, che iniziano, nel silenzio di un dibattito pubblico, ad avere un loro calendario di massima. In più di un atto e di una dichiarazione i partiti di governo hanno detto che l’atomo deve tornare a far parte del mix energetico nazionale e dei piani di decarbonizzazione. E non c’è pubblico migliore della platea del forum The European House-Ambrosetti[5] per perorare la causa del ritorno dell’energia nucleare nella penisola. Il ministro per la Sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin è stato anticipato dalla presentazione di uno studio di Edison, Ansaldo Nucleare e di Teha Group che calcola in circa 50 miliardi di euro e 117mila nuovi posti di lavoro l’impatto che l’atomo di ultima generazione potrebbe avere sull’economia italiana tra il 2030 e il 2050. Per fine anno il giurista Giovanni Guzzetta e il suo gruppo consegneranno l’analisi complessiva sul nucleare e su ciò che bisognerà introdurre “come norma primaria che deve trasformarsi in disegno di legge”, ha spiegato il ministro. Il nuovo quadro giuridico metterebbe l’Italia nelle condizioni di fare la scelta di produrre energia tramite nucleare. In passato la teorica tabella di marcia governativa aveva ipotizzato 15, forse 20 mini-centrali nucleari pronte a entrare in funzione nei prossimi 26 anni e sparse un po’ lungo tutto il territorio. L’idea è che non sia necessariamente lo Stato a pagare, ma siano le imprese a investire nella tecnologia. Ma è quanto si aspettano le aziende che pensano già alle sovvenzioni pubbliche per recuperare i costi effettivi dell’energia dall’atomo e a scaricare sulle future generazioni i rischi insoluti dovuti alle dismissioni e alle scorie. Intanto, le aziende italiane, anche a partecipazione pubblica, sono state messe in allerta. Il colosso delle costruzioni Webuild e Ansaldo Energia hanno firmato un protocollo d’intesa per lo sviluppo di Small Modular Reactors (SMR)[6], reattori a fissione nucleare di piccola taglia (circa 300MW) e successivamente degli Advanced Modular Reactor (AMR), reattori a fissione nucleare derivanti dalle tecnologie di quarta generazione, attualmente in fase di studio.  Pur sapendo che le specifiche e la complessità della normativa in Europa, dal punto di vista della sicurezza, rende questo tipo di tecnologia complicato e che non ci sarà un Trump eletto a proteggere dal dissenso della popolazione, come è già avvenuto nell’individuazione del deposito nazionale delle scorie radioattive e con i conti da far quadrare con due referendum che nel 1987 e nel 2011 hanno detto no al nucleare. Ammesso che il sogno nucleare del governo Meloni non sia interrotto da un referendum, fa sorridere pensare solo al processo decisionale necessario per cercare i siti dove costruire 20 o più nuove piccole centrali. C’è poi la questione della maturità e della competitività della soluzione su cui il governo punta così tanto, almeno a parole: ho la convinzione che le favole nucleari servano più da distrazione, per ritardare il cambiamento necessario da fare ora e, magari, costringerci, in attesa degli SMR a rallentare l’abbandono del gas.

Intanto, la commissione Ambiente ha svolto alcune audizioni, tra cui quella di Legambiente. Per l’occasione sono stati ripresi i contenuti del rapporto “I costi del nucleare” pubblicato dalla coalizione 100% Rinnovabili Network. “Siamo contrari al nucleare, certamente non per ragioni ideologiche”, spiega nell’audizione Katiuscia Eroe, “a dimostrare il pericolo di questa tecnologia nel mix energetico nazionale sono fatti e numeri. A partire dall’esperienza francese, dove è intervenuta addirittura la Corte dei Conti a fermare le nuove iniziative di Edf, proprio per l’indebitamento accumulato, che ha costretto lo Stato a nazionalizzare l’azienda; ma anche i costi: un MWh di nucleare costa dalle 2 alle 3 volte quello delle fonti rinnovabili”.

Per la rappresentante di Legambiente, quindi, il nucleare è “una tecnologia inutile, se guardiamo al giusto obiettivo del Governo di voler abbassare i costi energetici per le imprese. A questo, senza contare il tema della gestione dei rifiuti e della sicurezza, si aggiungono le questioni relative alle tempistiche. In Francia, per realizzare la centrale di Flamanville, ci sono voluti ben 17 anni, tempi incompatibili con la crisi, i costi e l’emergenza energetica. Dobbiamo invece guardare alla Germania: da quando hanno chiuso le centrali nucleari, nel 2023, le rinnovabili sono aumentate dal 48,9% del 2022 al 62,7% del 2024, mentre il carbone è sceso dal 33% al 24%”.

In Parlamento, però, c’è chi crede fermamente nell’atomo, anche fuori dalle forze di maggioranza. Si tratta, ad esempio di Carlo Calenda, che ha presentato una proposta di legge popolare, supportata da 73.000 firme, che sostiene il ritorno all’energia nucleare in Italia,

Vedremo come l’Intelligenza Artificiale stia assumendo anche da noi un ruolo chiave proprio nella possibile diffusione del nucleare di piccola taglia, spacciato come “nuovo nucleare pulito”. Non a caso si comincia a discutere della necessità dell’atomo a partire dai piccoli impianti nucleari, come se si trattasse di una tecnologia pulita. Nei mesi scorsi è stata insediata una commissione per il loro sviluppo attraverso un programma denominato Piattaforma nazionale per un nucleare sostenibile (Pnns). Meloni e Pichetto Fratin contano in questo modo di aggirare il divieto dell’installazione e diffusione di impianti nucleari di qualsiasi taglia in Italia. E non è un caso che l’orizzonte in cui spazia il Presidente del Consiglio sia quello che arriva all’improbabile fusione (per cui Cingolani aveva già da tempo anticipato nel dibattito la stessa chimera), sempre per distogliere lo sguardo dalle rinnovabili.

Per quanto riguarda l’Intelligenza Artificiale, resta da dire che la documentata fame di energia si scontra con i limiti della sua produzione: l’energia fossile non è sufficiente ad alimentare le mega fattorie informatiche e collide con gli obiettivi della decarbonizzazione di questi ultimi anni. Ma l’energia nucleare, come già ampiamente dimostrato, è intrinsecamente incompatibile con la conservazione della vita sul pianeta.

 

SMR E IA: ACCOPPIATA VINCENTE O PROBLEMI IRRSOLTI?

 C’è una forte richiesta di elettricità di base, non intermittente e senza emissioni di carbonio, che si sta rivolgendo non solo, come auspichiamo ed esigiamo, alle rinnovabili sostenute da accumuli, ma rimette in campo altre ipotetiche soluzioni. In particolare, il boom dei data center assetati di energia negli Stati Uniti ha portato a un risveglio dell’interesse per l’energia nucleare cui vanno a traino Paesi come l’Italia. I piccoli reattori modulari, o SMR, sono spesso considerati la via da seguire, ma la tecnologia rimane in fase di sviluppo, il che ha portato alcune grandi aziende tecnologiche – denominate “Hyperscaler” – a esplorare percorsi diversi e non coincidenti col passato per l’utilizzo dell’energia nucleare. Un’alternativa, cui è giunta già una richiesta da Google, è quella di riavviare alcuni degli 11 impianti nucleari che sono stati chiusi negli Stati Uniti negli ultimi 15 anni (tra cui Three Miles Island!), un’opzione resa ancora più attraente, considerati gli ostacoli normativi, le preoccupazioni sui costi e i superamenti dei tempi che tendono ad affliggere i nuovi progetti nucleari. Va detto subito che l’impiego dell’Intelligenza Artificiale (IA) sta suscitando un ampio dibattito, secondo me ancora parziale, perché affronta prevalentemente gli aspetti etici ed epistemologici legati all’utilizzo degli algoritmi che ne regolano il funzionamento. Non che questi siano da sottovalutare, ma ritengo che, per completezza dell’informazione, questa nuova tecnologia debba essere valutata criticamente anche nelle sue implicazioni ecologiche, legate al funzionamento dei giganteschi data center che immagazzinano i dati da processare.

Un podcast di Bloomberg – BNFEED – del Gennaio 2025[7] analizza la problematicità di queste soluzioni collegate allo sviluppo dei data center USA ancora in fase di studio. Ad esso farò qui riferimento,

La rapida crescita dei data center affamati di energia ha portato a una prospettiva sempre crescente per la domanda di elettricità. Con la necessità di una fornitura di energia sicura 24 ore su 24 7 giorni su 7, l’energia nucleare risulterebbe per i grandi gestori attraente. C’è quindi un nuovo interesse da parte dell’industria tecnologica per le nuove tecnologie nucleari. Di fatto, mentre il percorso per arrivarci non è così semplice come sembrerebbe, tuttavia, i piccoli reattori modulari o SMR sono ancora in una fase di sviluppo tutt’altro che risolta, gli ostacoli normativi rimangono in atto e le preoccupazioni sui costi, unite agli sforamenti dei progetti e addirittura ai fallimenti di alcune startup sono risultati un problema persistente. Risulta rilevante quanto la necessità di garantire l’energia per alimentare la loro flotta di data center in continua espansione ha portato aziende come Amazon, Google, Meta e Microsoft ad annunciare una raffica di accordi con aziende del nucleare.

L’interesse per questa energia viene sollecitato per due motivi. Il primo motivo è quello di cercare di risolvere i problemi irrisolti riguardanti il cambiamento climatico. Si tratta di una tecnologia molto potente, al punto da essere ritenuta parte di un portafoglio di tecniche avanzate per affrontare ora il problema del clima, ma, nel contempo, di una tecnologia giustamente avversata per i rischi che comporta il suo intero ciclo anche in tempi di centinaia di generazioni. Ma ciò che ha davvero spinto il nucleare in avanti di recente è stata la guerra in Ucraina, quando, all’improvviso, la sicurezza energetica è diventata una priorità molto alta, in particolare per i paesi Nato e per quelli che contano sul ciclo dell’uranio – la bomba in particolare – per ragioni militari e per la sicurezza nazionale dipendente dalla Casa Bianca. Sono quindi due eventi globali che hanno suggerito di riprendere un tema ormai giudicato obsoleto in Occidente,

Già a Dubai, l’anno passato, è nata una alleanza di Paesi, cui il governo italiano ha subito dimostrato attenzione, per triplicare la potenza di energia dall’atomo. Se si guarda nei dettagli, però, ci si rende conto di quanto sia difficile e impegnativo costruire le centrali nucleari, almeno in questa parte del mondo, ora che diventa una fatica molto più dura e più difficile di quanto non lo sia altrove. Si ricordi Olkiluoto e Flamanville e gli enormi ritardi ed esborsi dovuti alle richieste sempre più stringenti di sicurezza, sia per quanto riguarda il software che l’hardware degli enormi impianti PWR da 1600 Mw. In effetti, pressoché tutti Paesi dell’Occidente si è persa la possibilità di costruire centrali nucleari nei tempi e nel budget previsti, ma gli interessi delle alleanze – al fondo militari – hanno prevalso, con grande sacrificio delle finanze pubbliche, esposte anche nel futuro. Ad esempio, mentre in Cina sono in previsione 29 nuove centrali, negli Stati Uniti la forza lavoro qualificata necessaria per condurre a termine la costruzione di questi reattori non c’è più, e non solo per scelte di natura industriale, ma anche per la precaria condizione in cui si svolge la loro edificazione nell’isolamento spesso della popolazione locale. Questo deve far riflettere anche il sindacato italiano per cui il problema si sta ripresentando, aggravato da una materialità del governo spinta al presentismo. Un soggetto così decisivo e per vocazione autonomo deve – a mio avviso – farsi valere e deve portar ad una autentica obiezione di coscienza a favore della conferma del bando al nucleare. Vale la pena di considerare quanto l’energia da nucleare non è in comunicazione – e non solo per ragioni di professionalità e percorsi formativi, ma per la svolta culturale in corso che arriva ad una rivalutazione della natura e alla cura della Terra – con quella di altri settori che approdano ad ordini di grandezza delle energie in gioco del tutto compatibili con la vita, così la forza lavoro impegnata in questo settore anche ai livelli più alti difficilmente si riconverte ad altre attività e cerca di riprodursi in forme corporative, come è avvenuto in Italia dopo la chiusura dei reattori, ostacolando lo stesso passaggio di tutti i livelli di professionalità ad altre destinazioni (me lo insegna la mia esperienza sindacale a Caorso). Dati poi un’inflazione persistente e tassi di interesse più alti di quelli che abbiamo avuto negli anni passati, le condizioni al contorno sul piano economico risultano estremamente critiche per un’operazione che riguarda il rilancio soprattutto dei grandi reattori.

C’è tuttavia un terzo motivo per cui torna un’attenzione mobilitante per il nucleare: la crescita della domanda di elettricità proveniente dai data center. I grandi Hyperscaler, Amazon, Google, Microsoft, Meta stanno tutti negoziando contratti con aziende di reattori avanzati: si tratterebbe di una non verificata combinazione di elettricità affidabile 24 ore su 24, 7 giorni su 7, con una relativa riduzione di emissioni di carbonio. Tuttavia, nascono problemi nuovi e tutti impedenti, da valutare ora. La diffusione di impianti che concentrerebbero la loro produzione di energia in luoghi distinti, ma abbastanza contigui, muta il modello di controllo di una fonte centralizzata e relativamente isolata dalla popolazione – come è il caso del nucleare di potenza – e porta ad una dispersione delle scorie, ad un tempo di vita dipendente dal successo del particolare prodotto cui la nuova tecnologia è dedicata (con necessità di decommissioning più frequenti) ed, infine, ad una militarizzazione forzata del territorio su cui transitano i materiali fissili  e le loro scorie. I reattori nuovi, a differenza di quelli convenzionali, non sono stati provati e sono un’incognita oggi imperscrutabile su cui nessun ente controllore si è fin qui azzardato a pronunciarsi o a produrre normative. E il tempo del cambiamento climatico è oggi, mentre l’IA è fin qui soprattutto un nuovo attrattivo progetto di consumo e di presunta crescita del capitale e lo sviluppo delle intelligenze artificiali e del cosiddetto cloud computing, richiede un consumo di energia elettrica decine di volte maggiore di quello necessario per i classici motori di ricerca[8].

Ci sono cinque percorsi attraverso cui viene ripresentata l’energia nucleare: i grandi reattori riattivati, i piccoli reattori modulari, reattori avanzati, microreattori inferiori a 50 megawatt e, infine, la fusione. Ognuna di queste tecnologie ha diversi profili di rischio, incertezza sui costi e tempi di commercializzazione. Quando si guarda a un grande reattore, ci sono voluti quindici anni dalla presentazione della domanda iniziale di licenza fino a quando gli elettroni sono fluiti nella rete. Per molti di quei  Hyperscaler citati, se aspettano quindici anni, hanno perso l’opportunità oggi dischiusa. Gli SMR o i reattori avanzati non taglieranno il traguardo prima, né, tantomeno, saranno in grado di fornire elettroni alla rete prima di allora. La soglia più probabile è sicuramente ipotizzabile ben dopo il 2030, anche se la zona di emergenza sarà più piccola e non ci saranno più grandi aree di territorio che devono essere escluse e non popolate intorno a questi impianti. Presumibilmente, ci potrebbe essere un tempo di commercializzazione più rapido, ci sono costi di capitale iniziali inferiori rispetto ai grandi reattori.

Vale la pena di considerare che questi piccoli reattori modulari, richiedono un processo più lento di quanto non si dica, anche in ragione del fatto che l’eventuale processo normativo non ha tempi oggi prevedibili.  Inoltre, nulla sappiamo della loro curva di apprendimento, mentre è nota quella delle rinnovabili con accumulo con cui dovranno competere.

Vale la pena di annotare che ci sono grandi differenze all’interno dei piccoli reattori modulari, che sono reattori ad acqua leggera e che sono solo innovazioni di riduzione delle dimensioni del reattore. Sono previsti, infatti, progetti a tecnologie di reazione avanzate, finora non sperimentate: la Terror Powers – ad esempio – che sta sviluppando un reattore veloce raffreddato al sodio, XEnergy, che sta sviluppando un reattore a gas ad alta temperatura raffreddato all’elio, e Chiros, che sta sviluppando un tipo di tecnologia ibrida di reattore a sali fusi.

Va detto infine che, oltre alla necessità di impiegare una percentuale di Uranio 235

più alta di quella usata nei grandi reattori (e quindi una procedura più vincolante per i fornitori sottoposti a controlli militari), per quanto riguarda i rifiuti e le dismissioni dell’impianto, l’incertezza oggi niente affatto dissipata dal mondo scientifico ostacola il processo decisionale a lungo termine. Di conseguenza, al momento si ipotizza che siano necessari lunghi periodi di stoccaggio e trattamento intermedio delle scorie degli SMR e degli AMR prima che vengano stoccati in un deposito geologico. Un ulteriore problema per i nuovi reattori modulari avanzati è che anche i combustibili che utilizzano sono spesso nuovi, il che significa che i rifiuti di combustibile esaurito di questi reattori sono poco compresi, in alcuni casi completamente sconosciuti. Si ipotizza poi che ci sia un aumento del volume di prodotti di scarto destinati allo stoccaggio e allo smaltimento finale, ritenendo che i piccoli reattori modulari e i reattori modulari avanzati aumenteranno oltre al volume anche la complessità delle scorie di livello intermedio e del combustibile nucleare esaurito rispetto a un grande reattore ad acqua leggera, con conseguenti oneri e costi aggiuntivi relativi allo smantellamento, allo stoccaggio delle scorie, all’imballaggio e allo smaltimento, e, quindi con costi effettivi assai penalizzanti rispetto a quelli delle rinnovabili[9].

I nuovi progetti di reattori non dovrebbero essere approvati se i fornitori di reattori non saranno in grado di dimostrare una proposta adeguata perla gestione sicura a lungo termine delle scorie che creeranno.

Si valuti cosa significhi, sotto questo profilo, cioè per l’ottenimento di permessi senza remore di valutazione appropriata, l’alleanza tra Musk e Trump e Zuckenberg, dato che nel panorama attuale l’Intelligenza Artificiale è considerata la strategia decisiva per la quarta rivoluzione industriale e per la potenza delle forze armate. I data center delle compagnie di informatica potrebbero diventare in questa prospettiva un segmento di mercato significativo a livello globale per gli SMR e per gli AMR nei prossimi decenni e non a caso sono oggetto di ricerca e di prototipizzazione da parte delle imprese leader dell’informatica proprietaria, non solo negli Usa, ma anche in Inghilterra, Belgio, Taiwan e Giappone, mentre la Cina segue un proprio percorso di validazione di questa tecnologia nucleare che non può che impensierire. Lo sviluppo dell’IA, in definitiva, ha un ruolo rilevantissimo e fa da attrattore nella prospettiva di una rivalutazione del nucleare diffuso di piccola taglia. Si evita così di focalizzarsi sugli elevati consumi richiesti. Va preso in considerazione fin d’ora – e non a cose fatte – QUANTO i consumi di energia per l’IA SIQNO stati finora trascurati, ma l’aumento medio per l’elaborazione e il raffreddamento dei sistemi ad apprendimento automatico è valutato dell’ordine del 43% rispetto agli analoghi sistemi di computazione tradizionale. Ad oggi si stima che i data center consumino già tra l’1 e il 2% dell’elettricità mondiale, ma l’ascesa di strumenti come ChatGPT e l’alleanza degli Hyperscaler statunitensi prevista da Musk innescheranno previsioni del consumo energetico globale che potrebbe aumentare decisamente e irreversibilmente.

Non tratto qui della tecnologia di fusione che, nonostante ingenti impegni da oltre settant’anni, non risulta ad uno stadio di sviluppo che la abiliti ad un intervento in tempi compatibili con le attuali emergenze globali, I risultati rivelati con clamore al laboratorio militare del National Ignition Facility (NIF)[10] e in Cina[11] sono ben lontani dal fornire materia di valutazione praticabile nell’arco di decenni.

A conclusione delle note qui sopra riportate, occorre riaffermare che, per inconfutabili ragioni, non si può definire il nucleare pulito, sicuro o sostenibile. La tecnologia nucleare è intrinsecamente foriera, come ampiamente dimostrato, di rischi e sottopone l’intero pianeta a fenomeni di micidiali fall-out radioattivi. È ecologicamente letale ed eticamente irresponsabile perché espone la globalità del vivente alla contaminazione radioattiva, oggi e per i prossimi millenni. Non deve sorprendere che in questa fase di deriva verso destra, di abbandono della democrazia sociale, il nucleare indichi il verso monodirezionale dello sviluppo delle forze del capitale. Il dibattito sull’AI non può eludere queste considerazioni e, forse, sarebbe proprio il caso di ridimensionare la portata di questa tecnologia: abbiamo bisogno cioè – come dice Antonio Fiorentino su Arcipelago Milano[12] di rinaturalizzare il mondo, non di continuare a distruggerlo.

Nella fase attuale, il pericolo nucleare, il cambiamento climatico e la distribuzione ineguale di ricchezza e reddito, offrirebbero progetti per una partnership tra Stati Uniti e Cina che le popolazioni dell’intero mondo applaudirebbero, approvandola in luogo di una guerra per l’egemonia globale che segnerebbe probabilmente anche il declino dell’Occidente nella storia.  Il capitalismo è cambiato radicalmente sia in Gran Bretagna che negli Stati Uniti dopo il 1815. Probabilmente lo farà di nuovo dopo il 2025. Le opportunità sono ancora aperte e perciò occorre guardare alle rinnovabili accessibili ora per i processi urgenti di decarbonizzazione.

 

L’EFFETTO TRUMP SUL FUTURO NUCLEARE IN ITALIA

 Risulta imbarazzante rilevarlo, ma la svolta di Trump sull’ambiente e la spinta in direzione del nucleare fornita dagli Hyperscaler statunitensi forniscono al nostro attuale governo un punto di appoggio per produrre atti che sconvolgono perfino il quadro della transizione energetica prevista e alimentano velleità di superamento della volontà democratica già espressa nei due referendum del 1997 e 2011.

Pur con una diversa intensità manifestata da Pichetto Fratin Forza Italia e Lega rispetto a Meloni e Fratelli d’Italia, si stanno approvando atti di pronunciamento del Consiglio dei Ministri che potrebbero, se minimizzati, portare il processo imprudentemente avviato nel Paese sulla soglia di un passaggio non più invertibile.

Le dichiarazioni di Trump riguardo i cambiamenti climatici e la transizione ecologica disegnano una nuova politica energetica che avrà forti impatti sull’ambiente e in particolare sugli orientamenti del ritorno al nucleare. Questa posizione declamata addirittura nella circostanza dell’assunzione dei poteri alla Casa Bianca, ha l’effetto di cancellare ogni atto autonomo e di ridurre l’atlantismo, ormai penetrato nella cultura del nostro governo, in una trasposizione automatica dall’area militare a quella civile. Vediamone in dettaglio i contenuti, che vanno esplicitati per poter dar vita ad una mobilitazione che tarda a partire.

L’insediamento di Donald Trump segna nuovamente, dopo l’esperienza del 2016-2020, una svolta netta nelle politiche energetiche e climatiche degli Stati Uniti, che durante la presidenza Biden avevano visto l’approvazione dell’Inflation Reduction Act (IRA) e di una serie di provvedimenti volti a incentivare la transizione energetica, anche a scapito – come affermato da Elon Musk – della “sostenibilità economica planetaria”.

Il ritorno di Trump alla Casa Bianca riapre interrogativi profondi: quali sono le aspettative dei cittadini americani che lo hanno riportato al potere? Cosa ci si deve aspettare ora? Quali saranno le ripercussioni delle sue decisioni? E soprattutto, almeno da questo angolo visuale, come è possibile che, nonostante l’evidenza degli eventi climatici estremi sempre più frequenti, gli americani abbiano scelto di tornare sui loro passi?

Tutto ciò risulta confermato anche dalle ultime dichiarazioni del Presidente rilasciate in occasione del World Economic Forum di Davos, tenutosi il 23 gennaio, dove ha chiaramente detto che a suo parare il patto verde è “un imbroglio” e ha definito gli USA “la capitale mondiale” di AI e crypto”[13].

Il presidente degli Stati Uniti, criticando apertamente le politiche climatiche globali. nel suo intervento ha elogiato il principe saudita bin Salman per il suo ruolo nel mercato del petrolio e ha dichiarato che chiederà all’Opec di abbassare i prezzi del greggio per favorire la fine del conflitto in Ucraina.

Ha poi attaccato l’Inflation Reduction Act (IRA) che ha rappresentato il più grande investimento statunitense nella transizione energetica e nella lotta al cambiamento climatico: attraverso incentivi alle energie rinnovabili, al settore dell’auto elettrica e all’efficienza energetica, la legge ha permesso agli USA di avviare una riconversione industriale e di attirare enormi investimenti nel settore delle tecnologie verdi, con conseguenze positive sulla sostenibilità ambientale di lungo periodo. L’IRA ha avuto forti ripercussioni anche sul piano economico, e non solo per gli Stati Uniti

La politica del “Buy American” promossa dall’IRA, potrebbe, tra l’altro, spingere alcune aziende europee a delocalizzare negli Stati Uniti, mettendo a rischio la competitività industriale europea.

Cosa aspettarci dalle scelte in materia di politiche energetiche (al momento sono solo dichiarazioni) di Donald Trump, caratterizzate dall’uscita dagli accordi internazionali sul clima, dall’espansione della produzione di combustibili fossili,  dalla riduzione dei sussidi  per le energie rinnovabili, dalla rimozione delle restrizioni sulle trivellazioni in terre e acque federali, dall’accelerazione dei permessi per progetti di gas naturale liquefatto e, in generale, dal riguardo verso una politica “old (party) style”, lontana mille miglia dai concetti di sostenibilità?

Eppure, nonostante segnali evidenti anche negli Stati Uniti di avvicinamento della catastrofe climatica, il voto popolare ha premiato un presidente che lo nega e promuove politiche che ne peggioreranno gli effetti.

Trump ha, innanzitutto, promesso di ostacolare con ogni mezzo (solo burocratico?) l’espansione delle energie rinnovabili e per quanto riguarda la mobilità ha criticato le politiche di incentivazione dei veicoli elettrici e i crediti d’imposta per l’acquisto di auto elettriche. Sul versante del gas ha promesso nuove trivellazioni anche in zone proibite e per il Gas naturale liquefatto (GNL) ha promesso di accelerare l’autorizzazione dei progetti di esportazione via mare, ponendo fine alle restrizioni imposte dall’amministrazione Biden al fine di rafforzare la posizione degli USA come fornitore energetico globale: Tutti temi che hanno trovato appoggio nel governo italiano e che facilitano – anche con l’involuzione del Green Deal europeo – un suo cambio di priorità con una pericolosissima involuzione nella politica energetica.

In effetti, uno dei grandi problemi legati alla transizione ecologica ed energetica è la complessità delle misure adottate per realizzarla. La sostenibilità non è solo una questione ambientale, ma anche economica e politica. La transizione è stata presentata come un obiettivo immediato, spesso sottovalutando la necessità di una pianificazione graduale, partecipata e condivisa dai destinatari dei provvedimenti. Questo ha generato frustrazione e resistenze, favorendo il successo di chi propone soluzioni semplicistiche, anche se errate.

Se il futuro del Pianeta dipende dalle leggi di mercato più che dalle scelte politiche, allora la vera domanda da porsi è: fino a quando potremo permettercelo? Risulta facile trasporre queste esemplificazioni anche sul terreno del nostro Paese senza dare nell’occhio e tacendo gli interessi che stanno alle spalle. La politica industriale ne è evidentemente scossa e riemergono le vecchie lobby a partecipazione pubblica (ENI, ENEL, TERNA, SOGIN), che hanno dominato il panorama energetico italiano, dando fiato alle posizioni di Confindustria. Quindi va svelato appieno il cambio di marcia che adotta in prima persona il Ministero dell’Ambiente, che sta in questo quadro e che mostra la sua evidenza peculiare nel rilancio del nucleare.

Vediamo ora più in dettaglio l’aspetto del rilancio del nucleare, che intreccia – come d’obbligo – aspetti civili e militari.

La posizione di Donald Trump sul nucleare si articola in due direzioni distinte ma interconnesse: quella civile, orientata alla produzione di energia, e quella militare, focalizzata sulla deterrenza strategica. In ambito civile, Trump ha più volte enfatizzato la necessità di espandere la capacità nucleare degli Stati Uniti, citando in particolare le crescenti esigenze energetiche legate allo sviluppo dell’Intelligenza Artificiale. Ha sottolineato come l’industria dell’IA richiederà il raddoppio dell’attuale produzione elettrica americana, esprimendo riserve sui mega-reattori tradizionali, e mostrando invece interesse per i reattori modulari di piccola taglia (SMR).

Sul piano militare, il presidente ribadisce la necessità di ampliare e ammodernare l’arsenale (come già avvenuto nei depositi di Ghedi ed Aviano su cui governo e istituzioni italiane non rispondono ad una azione legale avviata da Ialana[14]) indicando la strada di un’accelerazione della difesa missilistica anche per Giappone e Corea del Sud in funzione anti-cinese. “Gli Usa – ha sostenuto – non rinunciano alla supremazia atomica” – annunciando, nel contempo, “nuove spese per rilanciare le forze militari” L’ennesimo tabù – la guerra atomica – torna ad appesantire quindi il clima internazionale. La promessa lanciata il 23 Gennaio alla Conservative Political Action Conference – “avremo il più grande esercito della storia americana” – certo non suona come distensiva. Il dibattito sulle armi nucleari è tornato soprattutto per le minacce russe di farvi ricorso in Ucraina, ma anche per il rilevante riarmo nucleare cinese (da 500 a 1.500 testate entro il 2035), per l’acquisizione da parte della Corea del Nord di capacità intercontinentali, per i progressi nucleari dell’Iran e per lo sviluppo di nuove armi (convenzionali, antimissili, cibernetiche e spaziali), che riducono la stabilità della dissuasione nucleare, data prima per acquisita per sempre. Secondo il generale Carlo Jean[15] la direttiva segreta di Biden del marzo 2024 sulla nuova strategia nucleare americana, che prevede la dissuasione contemporanea della Russia, Cina e Corea del Nord includerà anche l’Iran. Per mantenere la superiorità globale americana, attiverà parte delle circa 4.000 testate nucleari ora mantenute in riserva e ne costruirà nuove con l’uranio arricchito e il plutonio prodotti dai nuovi impianti già in avanzata costruzione. Di fronte alla Cina che sta dimostrando sempre più di avere interessi e ambizioni planetarie, l’Italia rassicura l’alleato. continuando a inviare armi all’Ucraina. e non si preoccupa del fatto che, senza una fortissima integrazione, l’Europa avrà sotto la presidenza aggressiva di Trump un futuro di decadenza. Non è escluso infine che Trump riprenda gli esperimenti nucleari di fatto sospesi da una quarantina di anni, senza alcuna remora avanzata dagli alleati NATO.

Per gli aspetti civili del nucleare, la posizione di Trump si identifica con quella del suo ministro Elon Musk. Nella tanto attesa e discussa intervista di Elon Musk a Donald Trump su X[16], entrambi si soffermano sul tema del nucleare. A parte una improvvida concordanza sul fatto che “Hiroshima e Nagasaki furono bombardate, ma adesso ci sono di nuovo delle città”, i due pensano che il nucleare non debba intimorire troppo le masse e che l’ambito energetico debba rimuovere la paura della produzione di energia attraverso l’atomo, ritenendo che sia una paura in qualche modo infondata. Secondo i due, i problemi del nucleare in ambito energetico riguardano “forme più sicure per generare elettricità rispetto ad altre” anche in confronto dell’intera catena di produzione di altre fonti, come quella del carbone. Nessuna preoccupazione per le generazioni future. Di seguito rivolgono tutta la loro attenzione ai reattori SMR e al loro ruolo decisivo per lo sviluppo dell’Intelligenza Artificiale, alludendo significativamente alla funzione per il loro sviluppo degli Hyperscaler.
Negli USA cresce la preoccupazione di scienziati per il sorvolo di droni “assassini” sugli impianti nucleari e si evidenzia come questa eventualità sia resa possibile dal proliferare dei reattori di piccola taglia. Da noi nessuna cautela, ma una posizione al traino del Tycoon e del più ricco al mondo.  Così, il ministro dell’Ambiente Gilberto Pichetto Fratin ha fatto cadere ogni cautela ed ha consegnato al governo un disegno di legge che riapre la strada all’energia atomica in Italia. La proposta prevede la costruzione, nei prossimi anni – dice lui – di piccoli reattori raffreddati a piombo in grado di bruciare scorie. L’obiettivo è superare il fabbisogno energetico nazionale puntando su tecnologie avanzate e rispettando i più alti standard di sicurezza. Questo segna un cambio di rotta rispetto alla linea adottata dal referendum del 1987, che aveva sancito l’uscita dell’Italia dal nucleare. “Delega al Governo in materia di nucleare sostenibile”[17]: questo il titolo del ddl delega presentato in 4 articoli che, se approvati dal Parlamento, stroncherebbero di fatto ogni possibilità non solo dei cittadini ma delle stesse Amministrazioni locali, persino delle Regioni, di opporsi all’installazione sul proprio territorio di nuovi impianti nucleari. In mancanza di leale collaborazione il Governo potrebbe procedere comunque anche a tutela del privato cui ha riconosciuto la titolarità di acquisire e installare in azienda un nuovo reattore nucleare SMR, prevedendo e legittimando l’aggiramento di norme vigenti sia urbanistiche che di controllo sanitario e ambientale. Deve essere organizzato immediatamente il dibattito pubblico, ma questo provvedimento spazza via ogni minimo spazio di democrazia partecipata. È pericolosissimo! Cambia il volto dello Stato democratico e stravolge gli stessi principi della Costituzione. Insomma, non è solo decisionismo ma autocrazia della maggioranza! Lo si legga, nonostante il profluvio di parole e di banali ritualità che lo caratterizza. Val la pena capirne le insidie e i trucchi adottati a cominciare dalla manipolazione del linguaggio: “nucleare sostenibile”. Uno schiaffo alla nostra intelligenza! Una ideologia arrogante che si avvale del patto d’acciaio tra Governo Meloni e Confindustria,

Qui vorrei fare esteso riferimento ad alcune precise osservazioni di Toni Federico[18], del Comitato scientifico della Fondazione per lo sviluppo sostenibile sulle prospettive dell’energia nucleare da fissione e da fusione, quando in Italia ancora non si è individuato il sito dove costruire il Deposito nazionale delle scorie radioattive! Altre osservazioni che riguardavano qualche mese addietro sono contenute in un mio articolo apparso sullo scorso numero di questa stessa rivista.

Qui le osservazioni. Dato che oggi non esistono più le specializzazioni nucleari nelle Università e negli istituti tecnici e quindi non ci sono figure tecniche disponibili sul mercato per riprendere un qualche tipo di ripresa di un settore industriale nazionale nucleare, qualsiasi reattore dovrebbe essere comprato da altri Paesi europei e li dovremmo far gestire da personale di importazione. Perciò il tempo di realizzazione non sarebbe alla portata di questa legislatura. La piattaforma per un nucleare sostenibile costituirebbe il soggetto di raccordo e coordinamento tra tutti i diversi attori nazionali che a vario titolo si occupano di energia nucleare, sicurezza e radioprotezione, rifiuti radioattivi, sotto tutti i profili. Il governo italiano sembra intenzionato a proporre una caratterizzazione fortemente identitaria sul tema a costo di una serie preoccupante di improvvisazioni. Si comincia dal problema di rimontare la volontà degli italiani espressa in due referendum, l’ultimo in pieno governo di centrodestra. Si andrebbe a un rilancio del nucleare civile mobilitando una inesistente classe di tecnici, ricercatori ed esperti che il Paese non ha. L’aspettativa è per gli SMR, piccoli reattori di “quarta generazione” anche se è noto che al mondo non ne esiste alcuno e sul mercato potrebbero essere così portati solo i reattori di terza generazione da parte di Francia, Uk e Usa (con cui si alimentano da tempo i sottomarini militari nucleari).

Si deve far attenzione a non confondere gli SMR con la quarta generazione. Quest’ultima è una specifica di innovazione e di sicurezza, non una particolare macchina, pur se ancora imprecisa nella definizione. Avrebbee tre obiettivi principali: sicurezza nucleare, riduzione dei rifiuti radioattivi e miglioramento della gestione dei rifiuti in loco e fuori sito.  Abbiamo già visto come ad ora questi requisiti siano contraddetti nelle realtà sperimentali e negli studi ad oggi disponibili.

Tutte le previsioni concordano sul fatto che uno degli SMR, una volta ingegnerizzato, costerebbe non meno di due miliardi di euro per circa 300 MW, e darebbe energia elettrica con un Lcoe (Levelized cost of electricity) intorno ai 140 € per MWh, nel caso di un funzionamento di almeno 8000 ore l’anno, oggi più del doppio del costo livellato delle fonti rinnovabili. Oggi 300 MW si fanno con pochi pannelli e poche pale eoliche, come è dimostrato dal progetto Offshore di Civitavecchia. Queste fonti atomiche sono ancora su un percorso in forte apprendimento. Lo sviluppo di un progetto belga di SMR di quarta generazione con tecnologia fast e raffreddamento a piombo/bismuto è stato proposto da Ansaldo Nucleare, Enea, Raten, Sck Cen e Westinghouse. Ma si tratta di un progetto messo in gioco senza certezze anche da parte dei proponenti.

Il Parlamento europeo non ha posto veto all’atto delegato sulla tassonomia europea che include il nucleare tra le tecnologie sostenibili. Poco dopo l’adozione della tassonomia Ue, nel luglio 2022, Electricité de France ha annunciato l’intenzione di sostenere il finanziamento dei suoi reattori nucleari, vecchi e in cattivo stato, emettendo obbligazioni verdi coerenti con la tassonomia. Tuttavia, la Direttiva 2011/70/Euratom del Consiglio del 19 luglio 2011 stabilisce che ciascuno Stato membro ha la responsabilità ultima riguardo alla gestione del combustibile esaurito e dei rifiuti radioattivi generati nel suo territorio, e che a tale scopo dovrà quindi provvedere a individuare una soluzione per la loro sistemazione definitiva. In Italia questa specifica non è attuata ed è di là da venire. L’inclusione del nucleare nella tassonomia non è comunque consigliabile a chi vuole riprenderne il corso, soprattutto perché il trattamento delle scorie dell’energia nucleare non soddisfa il principio di assenza di danni ambientali significativi.

La violazione dei principi “chi inquina paga”, cioè di non imporre un carico iniquo sulle future generazioni, sui costi, sulla proliferazione e sicurezza nucleare, sul rischio di incidenti gravi potenzialmente causati da fattori umani, eventi naturali, ma anche da attentati terroristici, non è presa in considerazione.

In Italia non siamo riusciti né a decommissionare i reattori spenti né a realizzare alcun tipo di deposito per le scorie radioattive. Le scorie ad alta attività che non sono in giro per l’Europa per il ritrattamento giacciono nelle piscine dei reattori che le hanno generate.

Il programma per il ritorno al nucleare oggetto della delega al Governo, però, nonostante la fretta del Ministro, verosimilmente avrà tempi lunghi: i relativi decreti legislativi dovranno essere adottati entro due anni dall’entrata in vigore della legge proposta, che deve ancora iniziare il suo iter.

Composto di quattro articoli, il ddl consente di intervenire sulla materia “senza alcun rischio che i precedenti referendari possano costituire un ostacolo”. L’esito dei referendum che hanno detto “no” all’atomo, infatti, “potrebbe rilevare solo se, nel corso del tempo, non si fosse determinato, successivamente all’abrogazione, alcun mutamento né del quadro politico né delle circostanze di fatto”, si argomenta semplicisticamente citando la sentenza della Corte costituzionale 199/2012.

Il ddl si innesta su una situazione energetica in cui, a detta del Mase, il nucleare sembra indispensabile e prevede – si legge sempre nella relazione illustrativa – “una cesura netta rispetto agli impianti nucleari del passato”, destinati alla dismissione, mentre si concentra su impianti non ancora in fase commerciale, come gli SMR (Small Modular Reactor), gli AMR (Advanced Modular Reactor), i microreattori da 50 Megawatt e l’energia da fusione.

In concreto, il ddl prevede l’istituzione di un’autorità indipendente, competente per la sicurezza nucleare, con compiti di regolazione, vigilanza e controllo, e una delega a stilare un programma nazionale “finalizzato allo sviluppo della produzione di energia da fonte nucleare che concorra alla strategia nazionale per il raggiungimento degli obiettivi di neutralità carbonica al 2050”.

Il programma, inoltre, dovrà prevedere che i promotori dei progetti nucleari forniscano adeguate garanzie finanziarie e giuridiche per coprire i costi di costruzione, gestione e smantellamento degli impianti e per i rischi, anche non direttamente imputabili a loro, derivanti dall’attività nucleare (!)

Il ddl, nella relazione illustrativa, è generosamente corredato dalla nota propaganda pro-atomo cui questo governo ci ha abituato e rilancia gli scenari modificati nel Pniec, secondo i quali, al 2050, l’atomo potrà coprire tra l’11% e il 22% della domanda, con 8-16 GW di capacità nucleare installata. E qui si scopre l’arcano; “L’elettrificazione dei processi produttivi con energia decarbonizzata “difficilmente” si potrà fare con le sole rinnovabili, e si propone il nucleare come soluzione contro il caro energia e per l’indipendenza energetica”. A smentire questa visione, ricordiamo, sono i costi attuali di Fer e accumuli. A fronte di 8-16 GW di nucleare che si installerebbero da qui al 2050, nel solo 2024 le rinnovabili hanno aggiunto 7,5 GW di potenza e lo storage è cresciuto di 2,1 GW. Oggi l’elettricità prodotta da nuove centrali nucleari in Europa (con le tecnologie mature esistenti) sarebbe di 170 $/MWh, contro i 50 $/MWh del fotovoltaico, stimata dalla recente analisi della “coalizione 100% Rinnovabili Network”[19]

Per fare il confronto con una produzione continua, invece, il fotovoltaico con batterie, in grandi impianti a terra, già nella prima metà del 2024, aveva raggiunto un LCOE tra 60 e 108 €/MWh, secondo il Fraunhofer Institute. Le nuove tecnologie nucleari come gli SMR produrranno a circa 90-110 €/MWh, se e quando raggiungeranno la maturità commerciale.

 

ALCUNE CONSIDERARAZIONI CONCLUSIVE

In questo lungo scritto, che servirà da riferimento alle associazioni di base per le osservazioni e gli emendamenti da avanzare nell’incerto confronto aperto sul web anziché in Parlamento dal governo sul suo ddl, sono stati esposti, in esteso dettaglio, scenari e motivi per opporsi al ritorno del nucleare in nome delle generazioni passate che hanno vinto i referendum e di quelle presenti, che si trovano private di prerogative fondamentali in democrazia e sono costretta a richiamare le istituzioni alla loro responsabilità verso le generazioni future. Un capitalismo senza società, una politica senza democrazia sociale, un governo dall’alto della transizione energetica affidato alla commistione tra tecnocrazia e potere, prevale ormai anche sull’europeismo Draghiano, preso ad esempio anche a Davos dai vertici della Commissione UE, che puntano ad un imprenditorialismo autoritario senza un nuovo patto sociale. Ad esso deve invece puntare la sinistra da ricostruire, senza perdere l’appuntamento fondamentale per impedire sul nascere che il ritorno del nucleare stravolga il contesto culturale, economico e industriale. La CGIL, in particolare, anche attraverso la coalizione La via Maestra, possiede al proprio interno sufficienti energie per farsi titolare, insieme ad altre rappresentanze del mondo del lavoro di una pressione immediata sul Governo, fino a porsi in una posizione di autentica obbiezione al ritorno del nucleare. La società civile e le associazioni ambientaliste hanno solide risorse per accompagnare un processo ormai avviato verso l’acquiescenza delle nostre rappresentanze ad una svolta che non trova ragioni obiettive, ma conduce la politica industriale ed energetica del nostro Paese in un vicolo cieco ed in una assuefazione al negazionismo, al ritornello della neutralità tecnologica, che nella versione americana risponde al fascino di MAGA (Make America Great Again). La malvagità egemonica dell’autocratico presidente degli Stati Uniti cerca di travolgere anche gli orizzonti più promettenti della narrazione di Francesco sull’ecologia integrale e perfino gli aspetti più stimolanti della partita aperta sull’Intelligenza Artificiale. In definitiva, va riaffermato nel conflitto che si apre, che non occorrono soluzioni impercorribili, ma un impegno su quanto oggi sta maturando davvero – come è il caso delle rinnovabili – in un ripensamento ormai ineludibile del nostro modello di sviluppo.

(tratto da: Alternative per il socialismo, n. 75, gennaio 2025)

[1] Per Iperscalibita o Hyperscaler si intendono i data center su larga scala specializzati nel fornire enormi quantità di potenza di calcolo e capacità di archiviazione a organizzazioni e privati in tutto il mondo e, per analogia, i grandi proprietari privati di questi” giacimenti  di bytes”

[2]https://www.carbonbrief.org/daily-brief/wall-street-will-stymie-donald-trumps-us-oil-surge-plan-shale-bosses-say/

[3]https://www.bakermckenzie.com/en/insight/publications/resources/business-impact-of-new-us-administration

[4] https://www.terna.it/it/media/comunicati-stampa/dettaglio/consumi-elettrici-2024

[5] https://www.extension://efaidnbmnnnibpcajpcglclefindmkaj/https://www.edison.it/sites/default/files/2024-09/Rapporto%20Strategico%20Il%20nuovo%20nucleare%20in%20Italia%20per%20i%20cittadini%20e%20le%20imprese.pdf

[6]https://www.webuildgroup.com/it/media/note-stampa/firmato-memorandum-understanding-tra-webuild-e-ansaldo-nucleare-accelerare-la/

[7] https://www.listennotes.com/tr/podcasts/switched-on/splitting-atoms-scaling-ai-ODt5ZpUrFab/?srsltid=AfmBOoqDRgIkOkogEpePCNbSt16-NHplfV4f0yq5hbOFMGfcvRgjFlyd

[8] https://ecquologia.com/intelligenza-artificiale-piccoli-reattori-nucleari-quale-sostenibilita/

[9] v. Kall et al.  https://chrome-extension://efaidnbmnnnibpcajpcglclefindmkaj/https://www.energheia.org/wp-content/uploads/2012/09/I-Giorni-di-Scanzano.pdf

[10] https://www.agendadigitale.eu/smart-city/fusione-nucleare-nuove-speranze-ma-illudersi-sarebbe-gravissimo-ecco-perche/

[11] v. https://english.news.cn/20250120/1d4e392ccaef48f29e8e9cdd0f9360c5/c.html

[12] v. https://www.arcipelagomilano.org/archives/64283

[13] https://c-trade.it/davos-trump-prende-la-parola-e-rilancia-le-sfide-globali/

[14] v. https://comune-info.net/lorrore-nucleare-di-ghedi-e-aviano/

[15] v.  https://formiche.net/2024/11/cosi-trump-ridefinira-la-strategia-nucleare-usa-scrive-il-gen-jean/#content

[16]v. https://www.rainews.it/articoli/2024/08/musk-intervista-donald-trump-2-ore-in-diretta-su-x-attacca-kamala-harris-e-ritrova-i-suoi-follower-273a723a-c050-40c5-b29f-575f0dcb8944.html

[17] V- https://www.qualenergia.it/articoli/nucleare-ecco-ddl-ritorno-atomo/

[18] v. https://www.pandorarivista.it/articoli/lo-sviluppo-sostenibile-dell-energia-intervista-a-toni-federico-sdg-7/

[19] v. https://www,legambiente.it/comunicati-stampa/la-coalizione-100-rinnovabili-network-presenta-il-report-sui-costi-del-nucleare/

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