Il cuore dei giovani americani batte per Gaza… e gli USA entrano in crisi di Yorgos MItralias

 

Giorno dopo giorno, o meglio ora dopo ora, il movimento studentesco in solidarietà con il popolo palestinese e contro il sostegno al governo di Israele si sta diffondendo a macchia d’olio nelle università e nelle scuole degli Stati Uniti d’America. E poiché si distingue per il suo radicalismo, i media americani moltiplicano i flashback che paragonano il movimento attuale al grande movimento giovanile contro la guerra del Vietnam degli anni ’60 e ’70. Infatti, un articolo del New York Times titola eloquentemente… “Il fantasma del movimento contro la guerra del 1968 è tornato”.

Oggi come allora, questo movimento si trova ad affrontare la stessa feroce repressione e le stesse calunnie da parte degli stessi ambienti politici ed economici. Migliaia di manifestanti pacifici sono arrestati e arrivano minacce e ultimatum dalle autorità universitarie e da altri membri dell’establishment politico americano.

Ma, come allora, il movimento continua imperterrito e resiste: ha sfidato minacce e ultimatum e ha continuato a espandersi nella settimana successiva alla sua prima fase, incentrata sulla Columbia University di New York. Come mostra la mappa presa in prestito da Al Jazeera, il 25 aprile il movimento di occupazioni e altre manifestazioni pro-palestinesi si era diffuso in tutte le principali università “storiche” – HarvardMITPrincetonYaleBerkeley Columbia – oltre che in università e college di quasi tutto il paese, a nord e a sud, a est e a ovest!

 

Oltre alla sua natura massiccia e radicale, un’altra caratteristica fondamentale del movimento attuale è la sua maturità politica. Non si limita a esprimere la sua solidarietà con i palestinesi, la sua opposizione alla politica statunitense in Medio Oriente e la sua condanna delle politiche genocide di Israele.

Va oltre, colpendo l’onnipotente avversario dove fa più male: nel suo portafoglio e nel suo arsenale. Ecco perché la sua richiesta principale è quella di porre fine immediatamente, una volta per tutte, alle relazioni e alle transazioni economiche di ogni tipo tra le università americane e Israele e con le aziende americane che sostengono Israele finanziariamente e militarmente, arrivando persino ad armarlo per condurre la sua guerra genocida a Gaza.

Ma non si pensi che questo movimento sia limitato alle università. Come dimostrano tutti i sondaggi degli ultimi 7-8 anni, la maggioranza dei giovani americani (circa l’80%) è animata dagli stessi sentimenti di solidarietà con il popolo palestinese e di condanna dell’apartheid israeliana che caratterizzano l’attuale movimento studentesco. In altre parole, questo movimento trae la sua forza dall’enorme serbatoio della gioventù americana.

In effetti, la radicalizzazione di massa della gioventù nordamericana è iniziata con e durante la prima e la seconda campagna elettorale del senatore indipendente Bernie Sanders. Un Sanders che ora sembra prendere spunto dal movimento giovanile e che sembra riscoprire il suo spirito combattivo quando questo ebreo denuncia il “razzista reazionario” Netanyahu e le calunnie “antisemite” diffuse sistematicamente da questo genocida e da molti altri, con le sue sei tesi stringenti, un estratto delle quali recita: “No, signor Netanyahu. Non è antisemita o pro-Hamas sottolineare che in poco più di sei mesi il suo governo estremista ha ucciso 34.000 palestinesi e ne ha feriti oltre 77.000 – il 70% dei quali donne e bambini”.

Tuttavia, queste calunnie “antisemite”, che sono comuni nelle bocche dei filo-sionisti e di altri sostenitori di destra e di estrema destra dell’apartheid israeliano in tutto il mondo, hanno recentemente iniziato a fare fiasco negli Stati Uniti per la seguente semplice ragione: perché al punto di partenza e alla testa delle mobilitazioni in solidarietà con i palestinesi e contro il loro genocidio da parte di Israele c’erano e ci sono organizzazioni giovanili ebraiche antisioniste come If Not Now e Jewish Voice for Peace.

Così, quando le varie autorità universitarie, sostenute dai media, dai politici e… dalla polizia, giustificano la repressione delle manifestazioni, arrivando persino a chiedere l’intervento dell’esercito, con l’”argomento” di voler proteggere i pacifici studenti ebrei dai manifestanti “antisemiti”, i manifestanti ebrei antisionisti rispondono che in realtà le prime e principali vittime della brutale repressione, che si suppone voglia proteggere gli studenti ebrei, sono proprio… i giovani studenti ebrei, perché sono sempre in prima linea e partecipano più massicciamente di ogni altra comunità all’attuale movimento studentesco…

Ma, come nel 1968, questo movimento contro la guerra tra i giovani non è limitato agli Stati Uniti e tende a diffondersi in altri paesi e in altri continenti. Si sta già sviluppando rapidamente in Australia e comincia a trovare imitatori nelle università europee (FranciaCatalognaGran BretagnaItalia, ecc.), dove è ancora diffusa la repressione “preventiva” che sta facendo a pezzi ciò che resta dei nostri diritti democratici fondamentali.

Tuttavia, le sue ripercussioni politiche più significative si fanno già sentire… in Palestina. È da lì, nella martoriata Striscia di Gaza, che proviene l’emozionante messaggio di ringraziamento dei giovani palestinesi agli studenti americani mobilitati e solidali con loro…

Detto questo, mentre assistiamo a una storica e promettente rivolta della gioventù americana, assistiamo anche alla rapida rinascita del movimento sindacale statunitense. E non è un caso che, tra i cartelli degli studenti mobilitati, ne troviamo sempre più altri dei sindacati, e in primo luogo del sindacato dei lavoratori dell’auto, l’UAW.

Infatti, dopo le storiche vittorie di questo sindacato (700.000 iscritti) sotto la sua nuova leadership radicale e classista lo scorso settembre nel Nord americano, in questi giorni abbiamo avuto un nuovo successo almeno altrettanto storico: per la prima volta ha rotto la tradizione di vietare – di fatto e con la repressione – ogni sindacalizzazione dei lavoratori nel Sud americano, dal momento che il 73% degli operai dello stabilimento Volkswagen di Chattanooga, nel Tennessee, ha sfidato le minacce e i ricatti e ha votato a favore dell’organizzazione dell’UAW nel proprio stabilimento.

Il conseguente evento, che si è svolto proprio nei giorni in cui il movimento giovanile contro la guerra stava raggiungendo il suo apice, è indicativo di questa fulminea ripresa: l’incontro annuale di Labour Notes, il raduno classista e di estrema sinistra dei leader sindacali, che tradizionalmente riuniva non più di qualche centinaio di sindacalisti, quest’anno ha accolto 4.700 tra funzionari sindacali, presidenti di sindacato e altri troublemakers (dal titolo di del “Manuale del piantagrane”, A Troublemaker’s Handbook, edito da Labour Notes in due versioni nel 1991 e nel 2005, ndt), come amano definirsi gli attivisti di Labour Notes. Va notato che in chiusura dei lavori, Shawn Fain, il nuovo presidente radicale dell’UAW, noto anche per la sua attiva solidarietà con il popolo palestinese, ha tenuto un discorso molto combattivo, sottolineando che “la classe operaia è l’arsenale della democrazia e i lavoratori sono i liberatori”

Sebbene sia ancora troppo presto per trarre conclusioni definitive, ciò che è certo è che il crimine contro l’umanità commesso a Gaza contro il popolo palestinese da Israele e dai suoi complici comincia – finalmente – a rivoltarsi contro di loro nel cuore stesso della superpotenza mondiale.

Inoltre, il moltiplicarsi delle scosse pre-sismiche alla base della società della superpotenza americana preannuncia il grande terremoto che verrà, qualunque sia l’esito delle elezioni del prossimo novembre. Tanto più che sarà preceduto dal grande incontro del movimento studentesco – e non solo – davanti e forse dentro la Convention democratica che, come nel 1968, si terrà nella stessa data e sempre a Chicago.

Allora i manifestanti erano circa 10-12.000 (2) e affrontarono la ferocia di 15.000 poliziotti armati fino ai denti, al grido di “kill the commies” (uccidete i comunisti). Oggi gli studenti mobilitati prevedono che saranno almeno 30.000 davanti e intorno alla Convenzione democratica che si terrà dal 18 al 22 agosto. Non c’è dubbio che quello che succederà sarà emozionante… soprattutto negli Stati Uniti d’America.

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