Lo sterminio metodico del popolo palestinese, che l’esercito israeliano sta portando avanti con successo da quattro mesi, non cade dal cielo e non sarebbe possibile senza l’approvazione attiva e persino entusiasta della società israeliana.
Ma questo attuale fervore sterminatore della società israeliana non sarebbe nemmeno possibile se non fosse il prodotto e il risultato della logica interna del progetto di fondazione dello stato ebraico, il progetto sionista.
Questo ha permesso al vecchio attivista antisionista Michel Warschawski, lucido e perspicace, di avvertire già nel 2014 che Israele è “un paese che sta scivolando verso il fascismo”. E un anno dopo ha osservato che “siamo passati da una società coloniale a una società barbara. Una società potenzialmente genocida che dovrebbe essere bandita dal concerto delle nazioni civilizzate”.
Ma Warschawski si è spinto oltre e, dopo aver osservato che “Israele è diventato il Far West, con il suo sceriffo sanguinario, Netanyahu”, ha ricordato che “l’unica strada da percorrere, per gli israeliani che rifiutano la barbarie in cui stiamo sprofondando, è arrestare immediatamente lo sceriffo e i suoi scagnozzi. Centinaia di migliaia di manifestanti dovrebbero scendere in piazza”.
E, disperato, ha esclamato: “Ma dove sono? Vivono forse nascosti all’ombra della barbarie – certamente le loro mani non sono coperte di sangue, ma sono impegnati a guardare dall’altra parte”.
Gli fa eco il coraggioso e onesto scrittore, collaboratore di Haaretz e attivista contro l’occupazione Gideon Levy, che lamenta che “molti dei miei amici di sinistra sono cambiati durante questa guerra, anche loro. È così che si diventa sempre più soli. È una cosa senza precedenti”…
Le righe di Warschawski potrebbero essere state scritte oggi, con la sola differenza che la società israeliana “potenzialmente genocida” del 2015 è ora genocida nel pieno senso della parola.
Come siamo arrivati a questo punto? Come siamo arrivati al punto in cui il 72% degli israeliani si dice contrario “all’ingresso di aiuti umanitari nella Striscia di Gaza fino al rilascio dei prigionieri israeliani”? E che centinaia di altri israeliani ammassati agli ingressi di Gaza, brandendo bandiere israeliane, hanno ripetutamente bloccato i camion che consegnavano aiuti umanitari a questa popolazione palestinese doppia e triplamente rifugiata, decimata, affamata e morente?
In breve, come è stato possibile che la stragrande maggioranza dei cittadini israeliani sostenga e addirittura applauda a quello che è la definizione stessa di genocidio, lo sterminio del popolo palestinese?
Ci affrettiamo ad aggiungere che gli israeliani non sono diversi dai francesi, dai belgi, dagli inglesi e dagli americani, né dai greci, dai serbi, dai turchi, dai giapponesi, dai russi, dai ruandesi e da tanti altri popoli la cui storia è costellata di massacri o addirittura genocidi di altri popoli.
Ecco perché le risposte date da un grande pensatore (ebreo) del secolo scorso, Ernest Mandel, alla domanda “cosa ha reso possibile l’Olocausto del popolo ebraico”, possono aiutarci a comprendere l’attuale deriva genocida dei cittadini israeliani.
Secondo Mandel, “a rendere possibile l’Olocausto – un evento finora unico nella storia – fu innanzitutto l’ideologia iper-razzista nella sua variante biologica (una forma estrema di darwinismo sociale). Secondo questa dottrina, esistono ‘razze subumane’ (Untermenschen) il cui sterminio è giustificato, anzi indispensabile. Per i sostenitori di questa ideologia, gli ebrei erano ‘parassiti da sterminare’, i neri erano ‘scimmie’, gli ‘unici indiani buoni sono quelli morti’, e così via.
Ecco perché un eminente membro dell’attuale governo israeliano, come il ministro della Difesa Yoav Gallant, dichiara che “i palestinesi sono animali umani”. Una dichiarazione con la quale la moglie del primo ministro Sara Netanyahu sembra non essere d’accordo, scrivendo che paragonare i palestinesi agli animali… “è un insulto agli animali”.
Secondo Mandel, la disumanizzazione del nemico è il presupposto ideologico per poter trattare “determinati gruppi umani in modo così disumano che sorge quasi necessariamente la necessità di una giustificazione ideologica – l’ideologia della disumanizzazione – e di una ‘neutralizzazione’ della cattiva coscienza e del senso di colpa individuale”.
E Mandel aggiunge: “La disumanizzazione sistematica degli ebrei agli occhi dei nazisti non è un fenomeno isolato nella storia. Fenomeni simili si sono verificati nei confronti degli schiavi nell’antichità, delle levatrici (“streghe”) nel XIV e XVII secolo, degli indiani d’America, dei neri sottoposti alla tratta degli schiavi, ecc.”.
In breve, nessuna società umana è “vaccinata” contro queste aberrazioni barbariche e disumane. Detto questo, chi meglio dei razzisti e dei fascisti purosangue dell’attuale governo israeliano, i suoi ministri Gvir e Smotrich, può incarnare questa deriva verso l’inferno genocida?
La loro fulminea ascesa al potere nell’arco di un decennio non è solo rappresentativa della metamorfosi subita dalla società israeliana nello stesso lasso di tempo (pochi giorni fa, l’ultimo bastione del vecchio sionismo liberale e “di sinistra” è caduto quando il presidente del movimento dei kibbutz Nir Meir ha dichiarato che “i kibbutz devono rompere con la sinistra perché sono i coloni ad essere di destra”). Questo fa venire in mente anche altre “metamorfosi” e altre “ascese al potere”, ad esempio in Germania tra le due guerre…
Eccoci dunque al cuore del “mistero” israeliano che ha portato politici marginali e impresentabili come Gvir e Smotrich, incarcerati per attività estremiste e terroristiche nel 2005 e nel 2006, e presentati solo 10 mesi fa dall’establishment israeliano come “un pericolo per lo stato di Israele” (cfr. Jerusalem Post), a riuscire oggi non solo a dettare la politica del paese, ma anche e soprattutto a esprimere e concretizzare i desideri più profondi della stragrande maggioranza dei loro connazionali.
Secondo Mandel, “perché tali individui abbiano una risonanza su milioni di persone, deve esserci una profonda crisi sociale (come marxisti, diremmo: una profonda crisi socio-economica, una profonda crisi del modo di produzione e una profonda crisi delle strutture di potere). Affinché tali individui siano candidati immediati al potere, o addirittura vi arrivino, deve esserci una correlazione di forze sociali che permetta che ciò accada: l’indebolimento del movimento operaio tradizionale (e, in misura minore, del liberalismo borghese); il rafforzamento degli strati più aggressivi delle classi proprietarie; la disperazione delle classi medie; un aumento considerevole del numero di oppressi, ecc.”.
E va detto che molte, se non tutte, le precondizioni citate da Mandel sono presenti nell’Israele di oggi…
Ma Ernest Mandel non si è fermato qui. Volendo generalizzare e approfondire la lezione della barbarie nazista, si spinge oltre e vede l’Olocausto “come l’espressione ultima delle tendenze distruttive presenti nella società borghese, tendenze le cui radici vanno ricercate nel colonialismo e nell’imperialismo”, e aggiunge includendo “la dottrina del razzismo biologico… in un quadro più ampio, quello dell’ascesa di dottrine antiumaniste, antiprogressiste, antiegalitarie, antiemancipatorie, che esaltano apertamente la violenza più estrema e sistematica contro grandi gruppi umani (“il nemico”) e che si diffondono verso la fine del XIX secolo”.
Quindi è perfettamente “normale” che il genocida Smotrich si definisca “fascista omofobo”, mentre il suo complice Ben Gvir, insieme ad altri leader politici e religiosi israeliani, si distinguano per le loro professioni di fede razziste, misogine, omofobe, antisocialiste, climatiste e antisemite, antisocialiste, scettiche del clima e oscurantiste violente che tradiscono la loro appartenenza alle alte sfere di questa nascente Internazionale bruna, che attualmente rappresenta una minaccia diretta e mortale per l’umanità e per ciò che resta delle sue libertà democratiche…
Concludiamo questo testo necessariamente breve e sbrigativo con le parole di Ernest Mandel: “Questa interpretazione dell’Olocausto ha anche una funzione politica pratica. È anche utile e necessaria dal punto di vista degli interessi dell’umanità. Essa permette di sfuggire ai rischi intellettuali e morali insiti nella tesi opposta, secondo la quale l’Olocausto sfuggirebbe a qualsiasi spiegazione razionale, sarebbe incomprensibile. Questa tesi oscurantista è, in larga misura, un trionfo postumo della dottrina nazista. Infatti, se una parte della storia è davvero irrazionale e totalmente incomprensibile, allora anche l’umanità è irrazionale e incomprensibile. Quindi l’impero del male sarebbe ‘in tutti noi’. È un modo appena indiretto, se non ipocrita, per dire che la responsabilità non è né di Hitler, né dei nazisti, né di coloro che hanno permesso loro di conquistare ed esercitare il potere, ma di tutti, cioè di nessuno in particolare”.
Nota bene: le citazioni di Ernest Mandel sono tratte dal suo testo (in inglese) del 1990: “I presupposti materiali, sociali e ideologici del genocidio nazista”.
Foto: Le baracche del campo di Auschwitz-Birkenau. Questa fotografia venne scattata dopo la liberazione del campo. Auschwitz-Birkenau, Polonia, dopo il 29 gennaio 1945.
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