UN VECCHIO PROGETTO PER UNA NUOVA ALTERNATIVA DI SINISTRA di Sergio FERRARI

 

Come è noto, l’Associazione Labour “R. Lombardi”, ha curato, con il dott. Bufarale come autore, la pubblicazione di un volume sulla vita politica di Riccardo Lombardi a partire dagli anni iniziali sino ai primi anni ‘60.  Gli anni successivi, il periodo che va dagli anni ’60 al 1984, rappresentano per il nostro paese un periodo storico che avrebbe portato alla seconda repubblica.

In quegli anni il PSI, nonché, ovviamente, il PCI e la DC, praticamente tutte le forze politiche, erano di fatto bloccate su una condizione di conservazione politica in coerenza con gli equilibri politici tra USA e URSSS.

Mentre sul piano economico si andava esaurendo la spinta keynesiana e si affermava la cultura liberista, in un contesto di progressiva e grave crisi economica nazionale e internazionale, Riccardo Lombardi sviluppava la sua proposta di alternativa di sinistra, che non solo avrebbe dovuto dar seguito all’ormai esaurito centro-sinistra, ma anche affrontare in termini strutturali e profondi la crisi sociale ed economica da tempo in atto nella società capitalistica.

Quel “progetto” alternativo di Lombardi si incrociò  con vicende straordinarie: a livello mondiale, il crollo del muro di Berlino e, a livello interno, Tangentopoli.
A quasi quarant’anni dalla scomparsa di Lombardi sembra che quelle condizioni che si posero allora per proporre un impegno verso la costruzione di una alternativa a sinistra, si stiano riproponendo in un quadro certamente allargato – con la presenza dell’Europa –  ma sempre sulla base di una crisi molto significativa del sistema economico capitalistico, non in grado di dare risposte ad una crescente e diffusa domanda di eguaglianza e libertà. Una domanda che se non otterrà una risposta convinta e coerente rischia di degenerare in una situazione di crescente e pericolosa conflittualità interna, oltre che internazionale, con venature politiche di stampo reazionario.

Di particolare interesse ci sembra, in questa direzione, esaminare le cause di quel silenzio che ha accompagnato la presenza o, meglio, l’assenza di un progetto politico che avrebbe dovuto e potuto sviluppare una alternativa di sinistra, non certamente comunista, ma di stampo socialista. Su una questione sembra non debbano esserci incertezze e cioè sul fatto che il sistema capitalistico si stesse trovando in una situazione di crisi, con difficoltà strutturali nel dover affrontare i diversi squilibri in corso in quegli anni.
È dunque, partendo dalla critica e dalla conclusione della prima esperienza di centro-sinistra, che Lombardi giunge ad elaborare la proposta politica successiva consistente, appunto, nella “alternativa di sinistra”.

Una proposta che si dovette misurare con la posizione del PCI di Berlinguer che,  anche sull’onda delle vicende del golpe in Cile di Pinochet e della situazione di equilibrio internazionale tra URSS e USA, riteneva di potersi confrontare in Italia con una ipotesi di “compromesso storico” con la DC.

Anche in conseguenza di questa situazione, apparentemente paradossale, ma anche in relazione alle difficoltà che il suo progetto incontrava nello stesso PSI e, infine, per un atteggiamento etico-razionale del “personaggio” politico,  Lombardi arrivò a sviluppare una serie di elaborazioni che spaziavano dalla critica al sistema capitalistico, ai limiti di un compromesso che,  se  condotto con la DC, non avrebbe potuto avere che uno scarso, se non nullo, contenuto riformatore coerente con un percorso di costruzione di una società socialista. Di conseguenza occorreva elaborare il percorso di una via democratica al socialismo basata, su una politica di creazione del consenso e su una concezione altrettanto democratica di costruzione e di gestione di quella nuova società. Per anni questo impegno, del tutto in contrasto con l’allora contesto politico, fu l’impegno centrale di Lombardi. Sino al 1984 quando vennero a mancare, a pochi mesi di distanza, sia Lombardi che Enrico Berlinguer.

La storia successiva è nota: nel 1989 il crollo del muro di Berlino aprì uno scenario internazionale del tutto nuovo, che sul piano interno si accompagnò alla pressoché concomitante crisi strutturale dei partiti di governo, in relazione alle vicende di Tangentopoli nel 1992 e nei due anni successivi. Sul fronte comunista, dalla constatazione della fine di un’esperienza, quella dei regimi comunisti, si concluse che lo scenario internazionale avrebbe consentito solo posizioni politiche liberal-riformiste. Il perché, soprattutto in Italia, nessuno o quasi, ritenne che quella crisi del comunismo avrebbe potuto/dovuto portare “logicamente” a confluire verso una posizione socialista, è rimasta una questione difficilmente comprensibile e sostanzialmente indiscussa. Non erano certamente sufficienti le critiche rivolte al craxismo per motivare una scelta che aveva, o avrebbe dovuto avere, uno scenario e una prospettiva niente affatto locale. Per parte socialista l’opportunità storica derivante dalle vicende del crollo del muro di Berlino venne buttata al vento non solo dalle vicende di Tangentopoli ma anche e ancor più dalla trasformazione individualistica della gestione del Partito Socialista  da parte di Craxi, che ne rappresentò l’errore politico di maggiore responsabilità e che ne causò la completa dispersione.

Questa è anche la sintesi che porta a comprendere come l’attuale Partito Democratico sia la logica espressione di quegli errori, ma anche come il silenzio intorno alle riflessioni di Lombardi sia necessario per giustificare l’esistenza di quel Partito ed i suoi errori, offrendo, nel contempo, una sponda leaderistica per tutta la vecchia classe dirigente della sinistra.
Quella visione un po’ provinciale e miope che caratterizzò sin dalle origini quel Partito, aveva consentito di cogliere la moda di una visione economica di stampo liberista. Erano sempre più evidenti, peraltro, i limiti di tale politica e della sua incapacità ad affrontare i grandi problemi connessi con una domanda sociale crescente, in relazione non solo allo sviluppo della classe operaia, ma anche alla sua trasformazione nella stessa direzione del cosiddetto ceto medio.
Il ricorso all’economia finanziaria ha rappresentato una trasformazione importante che ha messo in difficoltà le economie di tutti i paesi. Si è trattato di una vicenda economica certamente capace di “giocare” con la programmazione dell’innovazione, ma non di affrontare i problemi conseguenti. Iniziando da quelli dei paesi produttori di petrolio a quelli dove la sostituzione del lavoro manuale e subalterno era una condizione necessaria per poter garantire una distribuzione della ricchezza, ma che dovendo salvaguardare il capitale non erano in grado di compensare adeguatamente il lavoro. Non è dunque un caso se il susseguirsi di crisi economiche ha accompagnato la vita e la storia di quella società.

Molte di queste osservazioni critiche sembrano ricalcare quelle formulate allora – cioè oltre quaranta anni fa – da Lombardi. La battuta su una “società più ricca perché diversamente ricca”, viene ancora sovente ripresa come rappresentativa di una sintesi progettuale valida allora come oggi, ma che oggi è impossibile rintracciare, pur nel proliferare di un dibattito politico-economico apparentemente molto intenso, solo in quanto espressione di una faccia della crisi del ceto intellettuale.

Ed è interessante osservare come attualmente la crisi economica di dimensioni internazionali ponga in evidenza una condizione di difficoltà del capitalismo di tipo non certo congiunturale, ma strutturale. Allora, negli anni 70′ e 80′, la crisi nasceva dall’incapacità delle politiche keynesiane di correggere la crescente inflazione e il crescente debito pubblico, favorendo le pretese liberiste e il ricorso, a parole, ai miracoli del libero mercato. Ora anche queste terapie sono pesantemente fallite lasciando sul terreno una crisi del capitalismo quale quella di cui attualmente tutti discutono, ma,  si direbbe, senza la capacità di fornire soluzioni apprezzabili, valide per dare risposte ad esigenze molto diffuse sul piano della qualità della crescita sociale e ambientale, dell’occupazione e dello sviluppo tecnologico.

Questi connotati della attuale crisi strutturale appaiono molto simili a quelli discussi da Lombardi oltre quaranta anni fa e verso i quali Lombardi riteneva che per un Partito Socialista fosse venuto il momento di elaborare una nuova e più avanzata strategia, ponendo in primo piano i valori di una società di liberi ed eguali.

Attualmente questo invito resta del tutto valido, ma deve essere rivolto ad una pluralità di soggetti politici alternativi a quelli presenti e che, come tali, comprendono anche gli attori della crisi della sinistra. Ma se le difficoltà e i limiti di questi “singoli” sono tali da rendere impossibile nel breve periodo la costruzione di un progetto di alternativa democratica di sinistra, il richiamo a Lombardi potrebbe consentire di individuare una iniziale piattaforma di valori unificanti per tutti, incominciando dai valori della libertà e dell’eguaglianza.

In questa direzione sono possibili indicazioni parziali, non nel senso ‘socialdemocratico’, quanto, piuttosto, dei valori, appunto, della libertà e dell’eguaglianza.   (04/02/2024)

(L’intervento di Sergio Ferrari è contenuto nel “Quaderno di Labour” n. 12, dicembre 2023)

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