Un Editore mi ha chiesto di rispondere a queste tre domande. Ecco quanto ho scritto:
Qual è il legame fra pace e scienza ? (“)
Direi piuttosto: qual’è il legame tra la pace e gli scienziati.
Un esempio per spiegarmi meglio: la scienza, progredendo nello studio dei nuclei atomici, ha scoperto la fissione dell’uranio (dicembre 1938), che in sé non è ne a favore né contro la pace. Negli anni seguenti (1939 – 1945) molti scienziati l’hanno sfruttata per realizzare la bomba atomica (Progetto Manhattan); nel luglio 1945 un ristretto gruppo di scienziati ha indicato ai militari americani come usarla efficacemente contro le città giapponesi, e così Hiroshima e Nagasaki furono distrutte.
E’ difficile sostenere che gli scienziati del Progetto fossero contro la pace. Avevano aderito perché esisteva il rischio che la Germania nazista realizzasse per prima la bomba atomica. Dubbio è il caso degli scienziati consulenti dei militari: da un lato con il lancio delle due bombe si è forzata la resa del Giappone, dall’altro si è provocata la morte di centinaia di migliaia di innocenti.
Molti esempi storici mostrano che gli scienziati hanno messo a disposizione del loro Paese le loro competenze tecnico-scientifiche per fini bellici. Il più grande scienziato dell’antichità, Archimede, aiutò Gerone, il tiranno di Siracusa, a difendere la città dall’assedio dei Romani, nel 212 a.C.
Un caso significativo è quello di Leonardo da Vinci. Il grande artista definì la guerra come « discordia, o vo’ dire pazzia bestialissima ». Ma nella lettera di impiego a Ludovico il Moro , vantò le sue capacità di contribuire alla guerra con le sue invenzioni; è in dieci punti, nove dei quali sono un catalogo di armi e macchine da guerra; solo il decimo presenta le sue qualità di ingegnere civile e di artista. “Pecunia non olet”.
Niccolò Fontana, soprannominato Tartaglia, nel 1531, si occupò del problema di mettere a segno i colpi di cannone e notò che l’inclinazione ottimale dell’arma da fuoco doveva essere di 45 gradi.
Venendo a tempi più vicini a noi, possiamo classificare le posizioni degli scienziati rispetto alla guerra in tre categorie. La più numerosa comprende tutte quelle persone che, nel chiuso dei loro laboratori, sembrano indifferenti al problema o, più probabilmente,ritengono di non avere responsabilità diverse da quelle di ogni altra persona.
Una seconda categoria, i “falchi”, favorevoli allo sviluppo degli armamenti e a politiche aggressive; agiscono come consiglieri militari del governo o delle industrie belliche, spingono verso la produzione di nuove armi e sono contro i trattati che ne limitano lo sviluppo per garantire al mondo una maggiore sicurezza. Qualche esempio.
Fritz Haber, chimico tedesco, ottenne il Premio Nobel per la sintesi industriale dell’ammoniaca; è anche considerato il padre delle armi chimiche. Sotto la sua direzione fu creata, nel 1915, una unità nella quale militavano altri importanti scienziati, James Franck, Otto Hahn, Gustav Hertz, Erwin Madelung e Hans Wilhelm Geiger. Dal febbraio 1915 supervisionò personalmente i preparativi per l’attacco di gas tossico vicino alla città belga di Ypres, da cui “iprite”.
Sua moglie Clara Immerwahr il 2 maggio, la mattina dopo la celebrazione della vittoria di Ypres, si sparò in segno di protesta contro le attività del marito.
Un secolo prima, invece, Michael Faraday si era rifiutato, per ragioni etiche, di partecipare alla produzione di armi chimiche per la guerra di Crimea.
Trent’anni dopo troviamo altri “falchi” che spingono verso lo sviluppo di nuove armi, fino alla bomba H, alla bomba N, per la realizzazione del progetto delle “Guerre stellari”, contro i trattati per la limitazione degli armamenti (Trattato di Non Proliferazione Nucleare, SALT, ABM, INF, ASAT, ecc.) che intendono rafforzare la sicurezza reciproca. Il rappresentante più noto è Edward Teller, il padre della bomba H (sostenuto, in Italia, da Antonino Zichichi); egli è giunto fino a teorizzare il dovere dello scienziato di impegnarsi nella ricerca militare.
Sul fronte opposto troviamo la terza categoria, le “colombe”, sostenitori della distensione, del controllo degli armamenti, del disarmo. Ricordiamo il matematico Tullio Levi-Civita, che, fedele alla fraternità del mondo scientifico come di quello civile, si schierò apertamente contro l’incombente guerra del 1914-18. Una delle più note colombe è Józef Rotblat, che abbandonò il Progetto Manhattan quando fu chiaro che la Germania non avrebbe potuto realizzare la bomba atomica. Quando l’ho incontrato a un Convegno dell’Unione Scienziati Per Il Disarmo (USPID), gli ho chiesto se era stato veramente l’unico scienziato a lasciare il Progetto Manhattan dopo che la Germania si era arresa; mi ha risposto affermativamente.
Molto si sa sugli scontri tra falchi e colombe nei paesi occidentali, poco nei paesi dell’ex- blocco sovietico, data la scarsa trasparenza in quei regimi. Cito solo Andrej Sacharov, il padre della bomba H sovietica, e in seguito contrario l’entrata delle truppe sovietiche in Afghanistan. L’ho incontrato brevemente a uno dei convegni con i nostri omologhi sovietici; grazie a Gorbaciov, era da poco rientrato dal confino a Gor’kij. Nel 1975 ricevette il premio Nobel per la pace, ma non poté ritirarlo.
(“) “Le guerre sono fatte da persone che si uccidono senza conoscersi, per gli interessi di persone che si conoscono ma non si uccidono.” (Pablo Neruda – Attribuita)
“Finché ci saranno religioni ci saranno guerre di religione, come ci sono sempre state e ci sono. Mentre invece non ci sono guerre di scienza, né ci sono mai state, perché la scienza è una sola: magari non santa, ma certo katholika, nel senso letterale di ‘universale’.” (Piergiorgio Odifreddi)
Come si manifesta nell’attuale guerra in Ucraina?
Le radici di quasi ogni guerra stanno anche nei nazionalismi. Gli scienziati sono poco inclini a questi sentimenti, proprio per la caratteristiche del loro lavoro. Uno scienziato italiano si sente tanto vicino a un americano che a un russo, a un ucraino o a un cinese. Le barriere nazionali non esistono.
La scienza è per sua natura internazionale, apolitica, vertfry, dunque dovrebbe consentire di valicare confini geografici e limiti politici e ideologici e creare un canale di comunicazione privilegiato, anche tra scienziati di Paesi in conflitto od ostili. Questo in parte è avvenuto anche durante la guerra fredda.
Negli anni Trenta, nella Germania nazista due illustri fisici tedeschi cercarono di sviluppare una “Fisica Ariana”, ma non furono sostenuti neanche dai gerarchi nazisti.
Forse anche per questo raramente gli scienziati si sono uniti al coro dei sostenitori di una delle parti contrapposte nel dramma che da un anno stiamo vivendo.
A quanto so, le collaborazioni scientifiche non hanno sofferto di spaccature o di ostracismi.
In altri settori della cultura, dello sport e dello spettacolo non è stato così.
Ricordo con raccapriccio che nel marzo 2022 l’Università milanese Bicocca ha deciso di cancellare il corso di Paolo Nori su Dostoevskij (la decisione è poi rientrata), che Maria Cristina Messa, ministra dell’Università e Ricerca del governo Draghi, ha scritto alle Università di interrompere le collaborazioni scientifiche con gli istituti russi e bielorussi (*), che la Scala, la Filarmonica di Parigi e il Carnegie Hall hanno annullato i concerti del direttore russo Valery Gergiev, che la Fiera del libro per ragazzi di Bologna ha bandito gli editori russi.
A questo proposito l’Unione Scienziati Per Il Disarmo (^), in un documento del marzo 2022 nel quale esprime solidarietà al popolo ucraino e critica per l’invasione russa, così scrive:” L’USPID considera la collaborazione scientifica e culturale tra i popoli come un potente mezzo di pace e in particolare considera il mantenimento dei contatti e delle collaborazioni scientifiche e culturali con gli intellettuali russi come un elemento cruciale per il ritorno alla pace.
(*) ”a voler considerare la sospensione, per motivi di sicurezza, delle attività di mobilità collegate ai programmi di doppio titolo e titolo congiunto, privilegiando al riguardo le attività formative a distanza. Si invita, inoltre, a sospendere ogni attività volta alla attivazione di nuovi programmi di doppio titolo o titolo congiunto”.
(^) L’USPID è un’associazione di scienziati e ricercatori costituita nel 1982 con l’obiettivo di fornire informazione e analisi su controllo degli armamenti e disarmo e sui costi umani dello sviluppo e della diffusione degli armamenti. I membri dell’USPID ritengono che questo compito sia un imperativo morale e di responsabilità sociale degli scienziati. Dell’USPID ha fatto parte, fin dalla fondazione, il grande fisico Edoardo Amaldi.
Un esempio in cui la scienza è stata al servizio del pacifismo (&).
Nei paesi democratici gruppi di scienziati impegnati per il controllo della corsa agli armamenti, per la riduzione delgi arsenali esistenti e per allontanare il rischi dell’olocausto nucleare si raccolgono – spesso insieme a non-scienziati – in organizzazioni come il Pugwash, il Bulletin of the atomic scientist, la Medical Campaign against Noclear Weapons,la Union of concerned scientists, Senzatomica , l’Unione Scienziati Per Il Disarmo (USPID), e altre. Da ricordare anche ISODARCO – Scuola internazionale sul disarmo e la ricerca sui conflitti.
Oltre alle azioni organizzate in queste strutture, molti scienziati hanno agito e agiscono individualmente. Mi si consenta, come esempio, un riferimento personale. La mia militanza di pacifista, iniziata negli anni cinquanta con la raccolta di firme sotto un documento dei Partigiani della Pace per fermare la corsa alle armi nucleari, è proseguita fino ad oggi, con innumerevoli scritti, conferenze e dibattiti, anche per diffondere la coscienza del pericolo di una guerra nucleare. Nei dibattiti ho sempre avuto al mio fianco religiosi di grande levatura, come Padre Balducci, Monsignor Bello e Dom Franzoni.
Nel 1966 ho partecipato alla Marcia della pace, con mia figlia Elena di dodici anni; camminammo sotto una leggera pioggia da Parma a Reggio Emilia; c’erano anche personaggi noti, come Padre Gaggero, il sociologo Danilo Dolci e il pittore Ernesto Treccani; a Sant’Ilario il Comune ci offrì iun sobrio pranzo: tante tavolate e grande senso di solidarietà umana. Nel 1982 mi sono impegnato per la formazione, anche in Italia come in altri paesi occidentali, di una iniziativa ce raccogliesse gli scienziati “concerned”. Ebbe così origine l’Unione degli Scienziati Per Il Disarmo.
Ma ricordiamo l’evento più importante. Nel 1955 Bertrand Russell e Albert Einstein si fanno promotori di una dichiarazione, sottoscritta da scienziati e intellettuali di prestigio, in favore del disarmo nucleare e della scelta pacifista per l’umanità, Essa così conclude: “Ci appelliamo, in quanto esseri umani, ad altri esseri umani: ricordate la vostra umanità, e dimenticate il resto. Se ci riuscirete, si aprirà la strada verso un nuovo Paradiso; altrimenti, vi troverete davanti al rischio di un’estinzione totale.”.
Facendo riferimento al manifesto, nel 1957 nacquero le Pugwash Conferences on Science and World Affairs, il cui scopo principale è la costruzione della pace e, in particolare, il disarmo nucleare. Le Pugwash Conferences hanno ottenuto, insieme a Josef Rotblat, il Premio Nobel per la Pace nel 1995. A ritirare il premio fu il fisico italiano Francesco Calogero, allora segretario generale dell’organizzazione. Oggi la carica è detenuta da un altro fisico italiano, Paolo Cotta-Ramusino.
A distanza di tanti anni dalla sua divulgazione, il Manifesto Russell-Einstein conserva tutta la sua attualità; ha contribuito a creare una cultura diffusa – anche tra i politici, e tra i militari – per la quale l’arma nucleare è un tabù, uno strumento che in nessun caso dovrà essere utilizzato. Il rischio di una guerra nucleare, per decenni scarsamente percepito, è tornato a incombere. L’invasione dell’Ucraina da parte della Federazione Russa offre un terreno fertile che alimenta anche la minaccia del ritorno all’utilizzo degli arsenali nucleari.
(&) Quando i ricchi vanno in guerra, sono i poveri che muoiono. (Jean-Paul Sartre)
Dove fanno il deserto, lo chiamano pace. (Publio Cornelio Tacito)
Bibliografia: Pietro Greco (a cura di), Fisica per la pace (Carocci editore 2017)
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