Il libro di Giorgio Amico, Azione comunista. Da Seniga a Cervetto (1954-1966), appena pubblicato da Massari editore, si presta a vari livelli di lettura intersecati tra loro. Da un lato restituisce al lettore il clima politico e culturale degli anni Cinquanta svelando la dignitosa presenza di gruppi e partiti minori, che si collocano alla sinistra dei partiti del movimento operaio, dando respiro a esperienze di lotta e correnti politiche trascurate o cancellate da certa storiografia, tutta tesa a fare la storia dei partiti maggiori, in particolare di quello comunista, finché è esistito. Dall’altro entra nel merito di storie articolate e complesse di percorsi politici, di incontri e scontri, di scissioni, di figure autorevoli e di personaggi ambigui, sfiorando il rischio di conferire al tutto il sapore di una spy story, che avrebbe ridotto la valenza di quelle che furono militanze politiche serie e di elaborazioni di pensiero critico di un certo livello.
A sinistra del Partito comunista
Due fatti nuovi si presentano sulla scena della critica da sinistra al Partito comunista e socialista nella prima metà degli anni Cinquanta, aggiungendosi alle già presenti forme politiche minoritarie preesistenti: il movimento anarchico, i Gruppi comunisti rivoluzionari (Gcr), la sezione italiana della Quarta Internazionale e i due tronconi della sinistra comunista internazionalista, distinguibili per i loro organi di stampa: Battaglia Comunista e Programma Comunista. Il primo fatto nuovo è dato dalla costituzione dei Gruppi anarchici di azione proletaria (Gaap). Fuoriusciti dall’area anarchica tradizionale, si danno come scopo politico quello di inserirsi nel perimetro del dissenso a sinistra dei partiti parlamentari. Prioritario diventa lavorare per una nuova organizzazione politica in grado di sconfiggere l’egemonia del Partito comunista, spezzare la sua alleanza con quello socialista al quale riconoscono l’originalità di un percorso indipendente, diverso da quello delle socialdemocrazie europee. L’altro fatto è rappresentato dalla clamorosa uscita dal Pci nel luglio del 1954 di Giulio Seniga, uomo di fiducia di Pietro Secchia, con “armi e bagagli”, cioè sottraendo al partito documenti interni riservati e un’ingente somma di denaro, stimata, tra 300 e 600.000 dollari statunitensi (equivalenti all’incirca a 2,5-5,5 milioni di euro attuali), scrive Paolo Casciola nell’introduzione, che erano “parte del finanziamento da Mosca per il 1954” destinati, secondo quanto affermato da Togliatti alla riunione della Segreteria del PCI del 1° settembre 1954, all’acquisto di una tipografia per l’Unità. Parallelamente e per impulso dello stesso Seniga, a partire dal 1955 una forma di dissenso si profila nel partito di Togliatti con la corrente denominatasi Azione comunista.
Quando gli esponenti di Azione comunista decidono di uscire allo scoperto pubblicando il periodico omonimo, sono espulsi dal Pci, nel giugno 1956, in concomitanza con la diffusione del rapporto segreto di Krusciov nel mondo occidentale. Pochi mesi dopo vengono i fatti di Polonia e la rivoluzione ungherese, repressa dall’intervento delle truppe sovietiche. È in quel contesto che, anche per impulso dei dirigenti dei Gaap, si sviluppano contatti tra Azione comunista e forze politiche del dissenso a sinistra – principalmente i Gcr e il Partito Comunista Internazionalista (Battaglia comunista) – che portano alla costituzione del Movimento della sinistra comunista (Msc), sulla base di un accordo abbastanza generico, data la persistenza di analisi e impostazioni di lavoro politico e sindacale non omogenee, che emergono quasi subito. Quelli della Quarta Internazionale sollevano la questione della natura sociale dell’Urss, stato operaio degenerato, mentre per gli altri è un paese capitalista e imperialista quanto gli Stati Uniti; poi c’è la questione sindacale: aderire alla Cgil? Votare nelle elezioni per le Commissioni Interne per i loro esponenti? Partecipare o meno alle elezioni politiche e amministrative? E che indicazione di voto dare? Nel 1957, a fronte del persistere di evidenti divergenze non appianate, tra “trotskisti” e “bordighisti”, i comunisti libertari propongono una fusione, che prevede lo scioglimento di tutte e quattro le organizzazioni, per promuoverne una nuova. La proposta trova il consenso della sola Azione comunista, mentre “bordighisti” e “trotskisti” abbandonano il progetto.
La seconda puntata della storia di Azione comunista
Tutte queste vicende sono trattate e sviluppate nella prima parte del libro che comprende il periodo 1954-1959 durante i quali forte è l’influenza di Seniga – da lui dipendono i finanziamenti per le spese dell’organizzazione – a cui si affiancano militanti quali Bruno Fortichiari, uno dei fondatori del Partito comunista nel 1921, Luciano Raimondi, Giorgio Galli e altri, come Arrigo Cervetto, Lorenzo Parodi, Pier Carlo Masini di provenienza gaapista. La seconda puntata della storia, iniziata con l’espulsione di Seniga, l’uscita di Pier Carlo Masini e Giorgio Galli, apre una nuova stagione del Msc, caratterizzata dall’affermazione progressiva dell’egemonia teorica e organizzativa della corrente “leninista”, che rimanda al ruolo di Arrigo Cervetto e Lorenzo Parodi. Il passaggio dalla gestione Seniga a quella di Cervetto, per il periodo che va dal 1959 alla scissione del 1965, comporta un radicale cambiamento di atteggiamento da parte del Movimento nei confronti del Pci. Mentre per Seniga lo scopo principale era l’attacco sistematico alla politica della direzione del Pci e in particolare alla figura di Togliatti, per Cervetto le prospettive sono diverse. Il problema non è tanto il Pci in se stesso, quanto il sistema capitalistico nel suo complesso di cui occorre saper interpretare con precisione le tendenze di fondo economiche e politiche. La questione centrale diventa la tendenza del neocapitalismo di stato a favorire il processo di socialdemocratizzazione della classe operaia.
Senza più il supporto finanziario di Seniga, aumentano i problemi finanziari e con essi quelli organizzativi. A fronte di queste oggettive difficoltà, la scesa in campo dei giovani antifascisti dalle magliette a strisce nel giugno-luglio del 1960 consente, ai genovesi in particolare, di rafforzare i contatti con realtà sia giovanili che operaie collocate al di fuori dei partiti della sinistra. A differenza degli anni Cinquanta, gli anni Sessanta vedono emergere le prime forme di una nuova sinistra a cominciare dall’esperienza “operaista” inaugurata dai Quaderni Rossi e poi, a seguito del dissenso cino-sovietico, con la nascita del movimento marxista-leninista filo maoista che alimenta tentazioni unitarie all’interno del Msc.
Nel 1963 il convegno nazionale del Movimento raccoglie una realtà di piccoli gruppi presenti in poche città dove nessuno supera i dieci militanti. Lo scontro avviene tra chi vuole un’apertura nei confronti delle tesi maoiste e chi caratterizza come massimalista il movimento marxista-leninista. Si va verso la divisione. Nel 1965 nel convegno che si tiene a Perugia, dopo l’abbandono polemico dei lavori da parte dei leninisti, prevale la tesi della componente filocinese propensa a confluire nel movimento marxista-leninista. Poco dopo a Roma la componente leninista promuove un suo convegno e annuncia la nascita dei Gruppi leninisti della sinistra comunista, meglio conosciuti col nome del loro giornale Lotta Comunista. Il giornale Azione comunista continua a uscire fino a maggio del 1966 su posizioni filocinesi per poi confluire nella Federazione marxista leninista d’Italia.
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