«L’arte staliniana della falsificazione e della disinformazione coglie ogni volta di sorpresa gli storici», così scriveva Jurij Alekseevič Buranov nel 1994 presentando il suo lavoro sulle ultime volontà di Lenin nella traduzione inglese, frutto di una ricerca basata in parte su documenti fino allora secretati e conservati negli archivi del Comitato Centrale del Partito comunista dell’Unione Sovietica. Per merito delle edizioni Prospettiva marxista, della traduzione di Paolo Casciola che ha curato anche una lunga e dettagliata introduzione, abbiamo oggi a disposizione la versione italiana di questo testo poco conosciuto: Il “testamento” di Lenin falsificato e proibito (Milano, 2019).
La ricerca di Buranov riguarda le mosse attuate da Stalin e dalla cerchia a lui vicina, negli anni in cui stavano intraprendendo una lotta senza scrupoli per ascendere ai vertici del potere sovietico. Il primo, importante ostacolo che trovarono sul percorso furono le ultime iniziative promosse da Lenin, ormai gravemente malato ed emarginato via via dai centri di potere decisionali. Nel riprendere il tema dell’“ultima battaglia di Lenin”, per dirla col titolo del libro di Moshe Lewin, edito da Laterza nel 1969, Buranov poteva avvalersi di documenti rimasti fino ad allora sepolti negli archivi (pubblicati in appendice al testo) e, tra questi, la “sensazionale” scoperta dell’alterazione, operata da Stalin, di una parte di quello che è passato alla storia come il “testamento” di Lenin. Si tratta di note dettate da Lenin tra il dicembre 1922 e il gennaio 1923, raccolte sotto il titolo “Lettera al Congresso” per il XII congresso del Pcus al quale egli non poté partecipare. La lettera non fu presentata a quel congresso, occorrerà attendere un anno prima che fosse letta, peraltro a porte chiuse e in sedute ristrette, durante il XIII Congresso del maggio 1924.
Stalin “corregge” Lenin
Buranov ha ritrovato negli archivi la trascrizione manoscritta e la versione dattiloscritta -contenente alcune modifiche introdotte da Stalin- della prima parte di questa lettera al congresso, dettata da Lenin il 23 dicembre 1922. Non solo Stalin manipolò le note di Lenin, agì in modo tale da ritardarne la divulgazione preoccupato, a ragione, per diverse annotazioni negative sul suo conto che culminavano nella proposta di rimuoverlo dal suo incarico. Le rivelazioni di Buranov vennero esposte e sostanzialmente condivise da Luciano Canfora nel suo libro La storia falsa (Rizzoli, 2008), il quale affermò che le manipolazioni introdotte avevano come scopo quello di ridimensionare la fiducia posta da Lenin nei confronti delle richieste di Trotsky sul Gosplan, la Commissione statale per la pianificazione economica nell’Unione Sovietica, ed erano parte di un disegno generale volto al controllo del lavoro che Lenin tentava di continuare a svolgere (tra i due c’era crescente dissenso su questioni cruciali come la questione georgiana) e sminuire la sintonia politica tra Lenin e Trotsky in quel momento, sintonia che lasciava intendere che Lenin designasse Trotsky come suo “successore” (pag. 52), timore nient’affatto infondato, soprattutto dopo che Lenin, nella nota del 4 gennaio 1923 era stato molto esplicito circa la necessità di rimuovere Stalin dalla carica di Segretario generale.
Nel riassumere i risultati della sua ricerca, l’autore scrive che nel dicembre 1922 Stalin con l’aiuto dei propri sostenitori, approfittò della malattia di Lenin per cercare di allontanarlo dalla vita politica del paese. Mediante tale azione venne deliberatamente creata una situazione nella quale Lenin fu costretto a rendere segreto il suo rapporto politico all’imminente congresso del partito. Essendo pienamente informato dell’attività di Lenin, il segretario generale escluse da tali informazioni Trotsky, verso il quale aveva motivo di considerarlo come il rivale numero uno nella lotta per la direzione del partito. Nello stesso tempo Stalin incominciò ad alterare i testi dettati da Lenin. Ciò è dimostrato, come già detto, dal ritrovamento della copia originale del testo dettato da Lenin del 23 dicembre 1922, e dal taglio apportato all’articolo di Lenin sull’Ispezione Operaia e Contadina pubblicato sulla «Pravda» nel gennaio del 1923. Dei tagli apportati a quest’ultimo testo si seppe molti anni dopo, quando la versione originaria dell’articolo sull’Ispezione Operaia e Contadina fu rinvenuto nel 1956, mentre la manipolazione delle note del 23 dicembre 1922 non furono scoperte fino al 1989.
Trotsky esita
Nella lunga introduzione, Paolo Casciola opera un utile lavoro di contestualizzazione delle vicende narrate per segnalare ad esempio, che il lavoro di Buranov getta nuova luce sulla lotta avviata da Lenin contro Stalin e la burocrazia e dimostra, ancora una volta, che tra bolscevismo e stalinismo non esiste continuità politico-programmatica e, purtroppo, neppure fisica, nelle persone, visto che la separazione politica è stata poi sancita dalla linea di soppressione degli avversari della vecchia guardia bolscevica, voluta da Stalin negli anni delle grandi purghe, con i processi farsa di Mosca del 1936-38 prima e, successivamente, con periodiche “ripuliture” condotte tra gli stessi quadri e militanti stalinisti, finiti anch’essi nel tritacarne della macchina poliziesca sotto l’egida di quello Stalin che avevano servito e osannato. In questo quadro s’inseriscono le considerazioni critiche svolte nei confronti della “nuova” scuola della falsificazione riemersa nella recente biografia negazionista di marca neostalinista. Molto spazio però è dedicato a quelle che l’autore dell’introduzione definisce le “fatali esitazioni di Trotsky”, destinate a pesare in maniera decisiva sulle sorti dell’Unione Sovietica. Non a caso nei documenti proposti in appendice all’edizione italiana, oltre a quelli allegati da Buranov stesso, sono aggiunti testi di Trotsky e altri, tra i quali la moglie di Lenin, riguardanti la diatriba apertasi sul lascito del “testamento” di Lenin.
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