Autobiografia di una minoranza attiva: i Gruppi Anarchici d’Azione Proletaria di Diego Giachetti

 

Con questo terzo volume, Gruppi Anarchici d’Azione Proletaria, (Pisa, Bfs-Pantarei, 2019), sottotitolato I militanti: le biografie, si conclude il prezioso lavoro di ricostruzione della storia dei Gaap, svolto da Franco Bertolucci, a partire dai due libri già pubblicati: Dal Fronte popolare alla «legge truffa»: la crisi politica e organizzativa dell’anarchismo (2017); Dalla rivolta di Berlino all’insurrezione di Budapest: dall’organizzazione libertaria al partito di classe (2018).

I Gaap erano nati coll’intenzione di rinnovare il movimento anarchico in Italia e dare un contributo alla rinascita di un movimento operaio rivoluzionario. Inizialmente questo nucleo di compagni aveva lavorato all’interno dell’organizzazione anarchica esistente, la Federazione Anarchica Italiana, ricostituitasi nell’immediato dopoguerra. Ben presto però s’indirizzarono verso la definizione e l’organizzazione di un gruppo autonomo, con una propria fisionomia, in polemica ma sempre all’interno della Federazione dando vita al giornale L’Impulso, organo dei Gruppi Anarchici d’Azione Proletaria nel 1951. Staccatisi dall’area anarchica tradizionale, si diedero per scopo politico quello di inserirsi nel perimetro del dissenso a sinistra dei partiti parlamentari.

 Un’organizzazione anarchica

Costruirono un’organizzazione basata su sezioni locali, territoriali e aziendali che si tenne in vita attraverso un costante lavoro di contatti tra i militanti, con riunioni periodiche, partecipazione una volta l’anno alla conferenza nazionale, secondo il principio della “responsabilità collettiva” che nominava di volta in volta i membri del Comitato nazionale e della redazione del periodico «L’Impulso». A questa attività si affiancava il rapporto tra il centro e la periferia dell’organizzazione, mantenuto oltre che dalla corrispondenza diretta con la segreteria nazionale, da “visite” di collegamento sul territorio da parte dei membri del Comitato nazionale. Questa struttura organizzativa era “riempita” da quella che il curatore definisce “la prassi libertaria dell’organizzazione, basata su un’orizzontalità delle informazioni”, cioè costanti riunioni non solo del Comitato nazionale ma anche dei gruppi territoriali, con relativi scambi di informazione. Non un rapporto unilaterale dal vertice alla base, ma un vortice circolare e orizzontale composto dalle lettere spedite da militanti dei vari gruppi locali e fatte circolare all’interno dell’organizzazione, che costituiva un metodo di lavoro volto a mettere in relazione il “centro” con la periferia e viceversa. L’intreccio organizzativo-partecipativo è stato scoperto e narrato grazie alla costruzione e conservazione di un prezioso archivio ad opera di Pier Carlo Masini, uno dei principali esponenti dei Gaap, coadiuvato da altri militanti tra i quali Aldo Vinazza, Arrigo Cervetto, Mario Filosofo, Lorenzo Parodi e altri.

Il ruolo dell’organizzazione politica era concepito distinto (ma non separato) da quello di massa. Essa traeva dalle masse popolari gli elementi più consapevoli e più agguerriti, organizzandoli in progetto politico. Certo vi fu revisione, se non rottura, da parte dei gaapisti rispetto alla tradizione anarchica, nel senso che essi delinearono un progetto di partito fatto di quadri preparati con la funzione di orientamento e di guida, una minoranza agente organizzata in rapporto con l’organizzazione di massa.

I dati “ufficiali” sugli aderenti all’organizzazione, ritrovati nelle carte dell’archivio per il periodo 1953-54, indicano poco più di cento iscritti; si tratta, secondo la terminologia del tempo, di militanti formati politicamente, come era d’altronde nelle intenzioni dei promotori che volevano costruire un’organizzazione di quadri di base selezionati, preparati e affiatati dal punto di vista della prassi e della teoria. A questo nucleo si sommava un’area di simpatizzanti, lettori e abbonati de «L’Impulso», di 400/500 unità.

Profili biografici

Al centro di questo terzo ed ultimo volume sta il percorso biografico di 233 militanti, simpatizzanti e “fiancheggiatori” dei Gaap, ricostruito usando principalmente come fonte la corrispondenza circolare interna all’organizzazione, comparata con altri dati, tra i quali quelli ricavati dalle carte dei fascicoli del Ministero degli Interni conservati presso l’Archivio centrale dello Stato di Roma e degli archivi anagrafici comunali. Si è trattato, come si evince da quanto appena detto, di un lungo, certosino e paziente lavoro di ricomposizione di “frammenti” personali e politici intrapreso e portato a termine da Franco Bertolucci il quale a ragione ci tiene a sottolineare che “la corrispondenza “interna” dell’organizzazione, usata per costruire questa ricerca rappresenta, fino a oggi, un caso forse quasi unico per la storia del movimento libertario e in generale per quello della sinistra rivoluzionaria”. Si tratta di oltre 5.000 lettere in entrate e uscita, con più di 450 corrispondenti individuali e 150 di organizzazioni, gruppi e associazioni.

In quel tempo, la corrispondenza rappresentava il principale strumento comunicativo interno all’organizzazione, assieme al giornale, al bollettino interno e alle circolari, che manteneva in vita i rapporti tra i militanti tra un congresso nazionale e l’altro. Grazie a un uso intelligente e “creativo” di queste fonti l’autore ricostruisce non solo l’ordine temporale degli avvenimenti ma anche il vissuto dei partecipanti nei momenti salienti del confronto politico interno e esterno. Emerge così un quadro vivo e vivace di attività e riflessione offertoci dallo sguardo di questi militanti. E non è solo la politica in senso stretto che parla, si trovano le difficoltà della vita quotidiana: scarsità di lavoro, licenziamenti politici e bassi salari e anche, tra le righe, quello che oggi si chiama “il personale” di giovani che iniziano a formarsi una famiglia.

Le biografie così ricomposte permettono di tracciare una mappatura sociale e politica dei militanti gaapisti. Sono presenti in quasi tutte le regioni d’Italia, sono prevalentemente giovani, l’età oscilla sulla media di ventott’anni e quasi tutti hanno aderito al movimento anarchico nel dopoguerra (circa il 60%), altri invece provengono dalle file socialcomuniste, circa il 18%. Data la giovane età, in comune hanno l’esperienza della Seconda guerra mondiale, dell’antifascismo, della Resistenza, della guerra partigiana dal punto di vista organizzativo e militare. La loro estrazione sociale è prevalentemente proletaria: il 45% circa sono operai, il 2% contadini e braccianti, mentre l’11% sono impiegati, il 7% artigiani e commercianti, il 4% studenti e infine il 5% liberi professionisti.

Con questo “valore umano” i Gaap, nel giugno 1956, in concomitanza con la crisi dello stalinismo, i fatti di Polonia e la rivoluzione ungherese, duramente repressa dall’intervento delle truppe sovietiche, presero o ripresero contatti con forze politiche del dissenso a sinistra del Pci e del Psi e assieme costituirono il Movimento della Sinistra Comunista. Nel 1957 proposero una fusione fra le organizzazioni che avevano aderito al Movimento che trovò il consenso di una sola di esse, Azione comunista. Con la nascita dell’organizzazione della Sinistra Comunista, si concludeva la storia dei Gaap. Ma la stessa nascita del nuovo e “inedito partito” portava in sé i nodi di contraddizioni che esplosero l’anno seguente dividendo i percorsi tra una parte degli ex militanti comunisti libertari e gli altri che rimarranno all’interno della neonata organizzazione. A conclusione dell’esperienza dei Gaap, la maggioranza dei militanti e simpatizzanti di cui si hanno notizie affidabili continuerà il proprio impegno nelle organizzazioni della sinistra rivoluzionaria, il 63,75% circa, mentre il 26,25% confluirà nelle file socialcomuniste e un 10% ritornerà all’anarchismo.

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