In piena “epoca beat”, ossia tra la prima e la seconda metà degli anni Sessanta, Mario Monicelli, uno dei “padri storici” del cinema italiano, scrisse “Capelli lunghi”, una sceneggiatura decisamente controcorrente per quell’epoca. Mentre il mondo dei “benpensanti” attraverso i principali organi di stampa (con il milanese Corriere della Sera in prima linea), incitava a vere e proprie crociate contro gli “zazzeruti”, accusati di essere sporchi, vagabondi e improduttivi, Mario Monicelli si schierò, invece, dalla parte dei giovani “capelloni”, scrivendo la storia di Michele, un diciassettenne operaio che, per la sua scelta anticonformista di farsi crescere capelli e barba (come “un poeta”, scriveva Monicelli), perde il lavoro e, assieme a Esterina, una ragazzina tredicenne scappata di casa, si trova invischiato in una serie di avvenimenti sempre più gravi.
L’aria pre-sessantottina che già si respirava nel 1966/1967 e il nervosismo della classe dirigente rispetto al malumore operaio che cresceva nelle fabbriche, spinsero però il produttore (legato alla famiglia di industriali Marzotto), a bocciare come “estremista” lo scritto di Monicelli.
Il disegnatore Michele Bonfatti e il giornalista Franco Giubilei, a quarant’anni da quell’episodio – unico nella lunghissima e pluripremiata carriera cinematografica di Monicelli – hanno recuperato la sceneggiatura e l’hanno ripubblicata in un libro dal titolo “Capelli lunghi – L’unico film mai realizzato dal Maestro della commedia all’italiana” (Aliberti editore), affiancandole una lunga intervista a Monicelli stesso e una trasposizione in “fumetto” della storia di Michele ed Esterina. (Romano Giuffrida).
~ Mario Monicelli, Massimo Bonfatti, Franco Giubilei, “Capelli lunghi”, coll. I lunatici, Aliberti editore, Reggio Emilia, 2008
Lascia un commento
Devi essere connesso per inviare un commento.