E’ ormai da molti mesi che a sinistra va crescendo la convinzione che sia necessario una fase di forte riflessione critica da parte di tutti i componenti: fallimenti come quelli evidenziati non solo dalle perdite elettorali, ma anche dagli abbandoni degli iscritti, sembrano abbiano convinto in maniera diffusa a percorrere una fase non breve e non convenzionale di ricostruzione di una forza di sinistra.
Per ora questa convinzione sembra molto diffusa, ma non tale da comprendere le necessarie e condivise premesse di questa ricostruzione: ormai le differenzazioni colpiscono anche gruppi che si ritenevano sufficientemente omogenei: anche l’abbinata Renzi-Gentiloni sembra non essere più tale.
Tutto questo evidenzia la dimensione di una crisi che mette in discussione le ragioni d’essere di una unità politica, quella del PD, incominciando dalle origini.
Per la verità una crisi di tali dimensioni non deve meravigliare (come non dovrà meravigliare crisi analoghe di strutture politiche attualmente di successo). L’origine del PD nasce da un equivoco e da un errore, cioè dal fatto che la caduta del muro di Berlino avrebbe potuto aprire le porte all’attuazione del compromesso storico di berlingueriana memoria, anche se Berlinguer era, purtroppo scomparso, e i comunisti, come tali, erano felicemente traghettati al liberal-democratico, il partito socialista aveva fatto il possibile per rendersi impresentabile e l’alternativa socialista di Riccardo Lombardi era opportuno che rimanesse tra i ricordi. In un quadro del genere che ci fosse la classe dirigente dell’ex PCI disposta a fondersi con la classe dirigente della ex Dc non deve meravigliare, ma solo rendere evidente come questi limiti e questi compromessi – sinteticamente ricordati – non potevano reggere la vita e la funzionalità di un presunto partito progressista capace di gestire un paese civile nel nuovo millennio.
Questo percorso critico appare ora come un concentrato di approssimazioni e richiederà un grande impegno per essere superato, anche perché al momento non molti appaiono i dirigenti politici in grado di condurre credibilmente questa operazione.
Nel frattempo sarà opportuno evitare l’errore di un’attesa del compimento di quel percorso perché è del tutto evidente la necessità di elaborare una moderna proposta politica per un governo socialista. I ritardi accumulati non riguardano, infatti, solo le alleanze politiche ma, soprattutto, l’elaborazione di una progetto che dovrà porre la presenza dell’Europa come faro dell’occidente e della Pace, affrontare in sede scientifica le soluzioni delle grandi questioni ambientali nonché il potenziale di sviluppo offerto da quelle conoscenze, essere autore di un Piano Marshall per l’Africa, di una trasformazione del lavoro come momento di attuazione della vita sociale del singolo. Dunque un nuovo partito capace di esprimere l’adesione ai valori della libertà e dell’eguaglianza e di verificare le sue elaborazioni programmatiche con riferimento a quei valori.
(Roma, 16 luglio 2018)
(pubblicato sul sito: www.labour.it)
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