Sempre aperto e mai concluso il dibattito su cosa sia venuto prima in Italia, il Sessantotto o i piccoli gruppi che tanto hanno contato nel farsi successivo del movimento femminista degli anni Settanta. Difficile ancora oggi dire se venne prima il Demau, gruppo Demistificazione autoritarismo patriarcale che iniziava a riunirsi tra il ‘65 e il ‘66 a Milano o il Sessantotto come movimento collettivo: il volume Donne nel Sessantotto, a firma del gruppo Controparola, colloca le donne alle quali sono dedicati sedici ritratti di vite significative nella sfera dell’eresia, annunciata nel ’63 dalla Mistica della femminilità di Betty Friedan e salutata nel ’68 dai versi che Alba de Céspedes dedicò alle ragazze del maggio francese, come ricorda Maria Serena Palieri nel saggio introduttivo. Il gruppo Controparola, fondato nel 1992 da Dacia Maraini e autore anche di Donne del Risorgimento (2011), Donne nella Grande Guerra (2014) e Donne nella Repubblica (2016) sempre per Il Mulino, ritiene infatti le donne scelte a rappresentare un periodo così significativo per la storia italiana comunque e sempre eretiche: siano esse l’artista Carla Accardi, la cantautrice Giovanna Marini, la brigatista Mara Cagol, la pedagogista montessoriana Elena Gianini Belotti, oppure Rossana Rossanda, Tina Lagostena Bassi, Emma Bonino, per le quali diviene difficile trovare una definizione univoca che riesca a rappresentare le mille forme del loro impegno; e, tra le molte, quelle forse meno note ma non per questo meno significative come Mira Furlani, che celebra l’eucarestia insieme ad altre nel 1988 a conclusione di un lungo percorso di liberazione teologica; Annabella Miscuglio, regista e fondatrice del Filmstudio a Roma; Perla Peragallo, la cui militanza nel teatro con Leo de Berardinis tanto ha significato per la scena teatrale italiana.
Sono profili di donne appartenenti a storie assai diverse e scritti con passione e competenza in forma di saggio o di intervista, in una sorta di dialogo a più voci: sembra quasi di leggere un romanzo polifonico e singolare, ogni vita a costituire un capitolo anche quando, almeno apparentemente come nel caso di Patty Pravo e Krizia, non sembra aver molto a che fare con il Sessantotto se non come respiro di un tempo del quale molto si parla e i cui esiti continuano a far parte del presente, pure se sembrano lontanissimi nei tratti costitutivi. La cui radicalità appare lontana e quasi irraggiungibile, ma radicale certo fu Franca Viola, che nel ’65 rifiutò il matrimonio riparatore dopo il rapimento e lo stupro. Quella di Amelia Rosselli fu certamente poesia politica e così da lei stessa definita, rivoluzionaria per ritmo e scansione. Lo sputare su Hegel di Carla Lonzi e delle altre fu certo un gesto di rivolta. Le foto di Letizia Battaglia delle vittime della mafia riprese dal basso anziché dall’alto sono state un imprevisto capace di far parlare i corpi e le vite che si volevano silenziare.
Singolarità radicali e rivoluzionarie perché e soprattutto in quanto capaci di significare un periodo, rispetto al quale (per quanto oggi possa sembrare paradossale, e per quanto ciò dia la misura profonda delle trasformazioni avvenute) ha ragione Norma Rangeri quando, nell’editoriale introduttivo al numero monografico del «manifesto» dedicato al ‘68 delle donne pubblicato lo scorso 11 aprile, osserva che «nessun cambiamento profondo dell’ordine patriarcale classico, alla base di ogni violenza, era all’ordine del giorno del Sessantotto». E Chiara Valentini nel suo ritratto di Carla Lonzi ricorda come in Scacco ragionato Lonzi osservava, con la chiarezza che le era propria, che le giovani donne per approdare al femminismo «hanno dovuto scardinare non poco le parole d’ordine, i miti e i modi sessantotteschi. È stato malgrado il ’68 e non grazie al ’68 che hanno potuto farlo».
Una messa in discussione e una decostruzione del femminile così come il patriarcato l’ha costruito e voluto nei sui assetti di potere, che né Freud né Wilhelm Reich avevano colto come elemento costitutivo di un assetto millenario. Ciò è potuto accadere grazie a una presa di parola che fu politica e che avvenne insieme ad altre, nei piccoli gruppi, nei collettivi, in forme di confronto serrato e a volte infinito che è difficile rendere e che si ritrova oggi anche nelle assemblee di Non una di meno (visibili anche via streaming).
Accanto alle vite individuali e in qualche misura eccezionali, vi fu infatti la miriade di collettivi e gruppi che fece sentire le molte, moltissime che parteciparono protagoniste di una rivoluzione in corso, ognuna capace di radicalità impreviste che hanno messo a soqquadro vite che sembravano predestinate, ma il cui sovvertimento era stata annunciato anche da scelte simboliche come quella di Franca Viola e opere come Dalla parte di lei di Alba de Céspedes, che insieme alle altre scrittrici italiane del dopoguerra ha lavorato a decostruire un femminile mistificante e mistificato (un titolo vale per tutti, La bambolona, del ’67, portato al cinema l’anno seguente).
Ma perché tutto questo divenisse «il Sessantotto delle donne», e nelle donne, è occorso il tessuto connettivo di collettivi come «il manifesto» per Rossana Rossanda, il Movimento di liberazione della donna e i gruppi clandestini per l’aborto di Adele Faccio per Emma Bonino, il gruppo di Rivolta per Carla Lonzi e Carla Accardi, il teatro La Maddalena a Roma con Dacia Maraini e le altre, le riviste («Effe», «Rosa», «DWF DonnaWomanFemme» e prima ancora «Noi donne») e le case editrici come le Edizioni delle donne e La Tartaruga. E di quelle che a tutt’oggi sono le Case delle donne, disseminate in tutt’Italia, come la Casa internazionale delle donne di Roma, che è la più importante e nota, ha origine dall’occupazione nel ’76 da parte dei collettivi femministi romani di palazzo Nardini in via del Governo Vecchio, si trova oggi in via della Lungara ed è oggi sotto attacco da parte del Comune di Roma: molti sono gli appelli in sua difesa, da quello ormai arrivato a 100.000 firme a quello delle donne dell’università che veleggia verso le cinquecento firme da atenei di tutto il mondo.
Lungo il cammino del Novecento che ha visto la rivoluzione femminista continuare, e proseguire anche in questo secolo del nuovo millennio, molta la tenacia che occorre per mantenere pensiero critico e presa di parola politica: le donne continuano ad averla, insieme anche a uomini che hanno partecipato alle manifestazioni contro la violenza sulle donne e per l’autodeterminazione e la libertà femminile. Come poi questo possa divenire rappresentanza è altro discorso, va da sé, ma i punti fondamentali sono tutti qui.
Gruppo Controparola
(Paola Cioni, Eliana Di Caro, Paola Gaglianone, Claudia Galimberti, Lia Levi, Dacia Maraini, Maria Serena Palieri, Linda Laura Sabbadini, Francesca Sancin, Cristiana di San Marzano, Mirella Serri, Chiara Valentini)
Donne nel Sessantotto, il Mulino, 2018, 291 pp., € 23
(pubblicato su alfabeta2, 15 luglio 2018)
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