“Perchè Pisa? Ma per quelle Tesi della Sapienza che, nel bene e nel male, contribuirono a farla, la storia del ’68. Ma per quel “magico” incrociarsi di idee e generazioni che, forse, solo una piccola città con molta storia e altrettante pretese poteva favorire. Dice Adriano Sofri, che di quel biennio fu il leader indiscusso ancorchè “occulto”:
“Dal punto di vista ideologico, il ’68 pisano fu importantissimo. Ma se il ’68 fu soprattutto la ribellione degli studenti contro un sistema di studio stupido e autoritario, il nostro movimento è stato, in un senso preciso, marginale”.
Dominato da una sorta di ossessione operaista?
“Da una forte connotazione classista. Dall’idea che gli studenti altro non sono che una componente del proletariato “forza-lavoro in formazione”, come diceva il nostro vecchio amico GianMario Cazzaniga e che quindi hanno da combattere per il salario, per migliori condizioni di studio e di vita, e così via. Sì, le Tesi della Sapienza hanno l’economicismo come tratto dominante”. […]
“In verità in quell’occupazione si svolsero tre giochi molto diversi tra loro: quello della vecchia Ugi – arrivarono trafelati, a dirci che eravamo pazzi – che, se dio vuole, fu totalmente estromessa; quello del movimento che, ancora, non aveva deciso di rompere con i partiti e le istituzioni; e quello nostro, del movimento che nasceva con un approccio romantico, fortemente soggettivista, il movimento, insomma, che voleva agire prima di compiere una rigorosa analisi di classe”.
Sì, non è facile spiegare questo connotato in tempi, come gli attuali, di yuppismo perbenista. Se c’è qualcuno che le sta buscando, là bisogna andare, e se c’è una battaglia giusta in corso, non c si può sottarre: così le “avanguardie di massa” degli studenti, qualche centinaio di giovani e giovinette, accorsero in massa a presidiare il Tempio del sapere accademico già occupato da un élite di “rappresentanti” di tutte le facoltà d’Italia. Come avevano fatto di fronte al sacrale portone chiuso? Semplicissimo: uno studente di legge, uno qualsiasi, sapeva dove stavano le chiavi. E le aveva prese.
Rina Gagliardi, “L’impossibilità di essere normale: Sofri e l’occupazione di Pisa.”suppl. a Il Manifesto n. 22 gennaio 1988.
“Un’esperienza come quella è una sorta di dono della storia e chi veramente la visse ne rimase positivamente segnato in modo permanente: al di là e contro la sconfitta politica. Quando il ’68 accadde, non voluto da nessuno ma desiderato da molti, non potevi avere limiti. La città, quella città, eri tu. Tua madre eri tu. Il tuo insegnante eri tu. Tuo figlio eri tu. Tu eri la storia. Non c’erano limiti per una storia senza limiti che ricavava regole solo dal piacere comunitario. Facciamo insieme tutto quello che si può e di più. Siamo autosufficienti ma bisognosi di nuovi amori. Lo Stato siamo noi.”
Luciano Della Mea, dall’introduzione a “il ’68 e il Potere operaio pisano” di Adriano Sofri, 1998 Massari editore.
(da un post di Francy Impastato, 11 febbraio 2018). Foto di Francy Impastato.
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