Ettore Guatelli nato a Collecchio il 18 aprile 1921 (1921 – 2000) ha avuto una formazione scolastica discontinua a causa di problemi di salute che gli hanno impedito sia di dedicarsi ai lavori agricoli – attività che sarebbe stata naturale per un figlio di contadini – sia di frequentare in modo costante la scuola. Maestro elementare, collezionista di cose e di storie, etnografo, museografo visionario che connette racconti e oggetti, che interloquisce con poeti e professori, fotografi e grafici, artigiani, contadini e rottamai.
Ettore, figlio di mezzadri a Ozzano Taro, in provincia di Parma, dove è situato il complesso rurale che custodisce la raccolta, conobbe Attilio Bertolucci, che divenne la principale figura di riferimento nella sua formazione. Guatelli scriveva a macchina i testi che Bertolucci gli dettava e in cambio il poeta lo preparava all’esame di licenza magistrale. Frequentatore dei magazzini dei raccoglitori dell’Appennino, inizialmente solo per curiosare, in seguito per salvare dalla distruzione i mobili, le cose e gli attrezzi provenienti dalle case contadine e dai laboratori degli artigiani. Ne raccoglierà più di 60.000.
La sua malattia e i continui rinvii non gli impedirono, però, di essere arruolato nel 1942 come soldato di leva dell’esercito, da cui disertò dopo l’otto settembre del 1943 per partecipare al movimento antifascista. Durante quegli anni conobbe all’ospedale Attilio Bertolucci, che divenne la principale figura di riferimento nella sua formazione. Guatelli. In otto mesi, nel 1945, studiando anche da autodidatta, conseguì il diploma magistrale.
Negli anni Cinquanta partecipò alla vita politica locale: fu eletto consigliere comunale a Collecchio e nel 1954 segretario dei deputati. Sempre in quegli anni a casa Guatelli, iniziò a riunirsi un gruppo di letterati ed intellettuali di Parma (Artoni, Bertolucci, Bianchi, Colombi-Guidotti, Cusatelli, Petrolini, Tassi, Viola) che leggeva i diari di Guatelli e ne pubblicava alcune parti.
Nel periodo in cui fu direttore delle colonie di Bedonia e Tarsogno (1951-1971), Guatelli cominciò a frequentare i magazzini dei raccoglitori dell’Appennino, inizialmente solo per curiosare, poi per commerciare e in seguito per salvare dalla distruzione i mobili, le cose e gli attrezzi provenienti dalle case contadine e dai laboratori degli artigiani, che in quegli anni venivano rimodernati. Nel 1968, dopo anni di supplenze, vinse il concorso, passò di ruolo e insegnò alle scuole elementari fino al 1977, anno in cui andò in pensione.
Fino all’anno della sua morte (settembre del 2000) Ettore dedica anima e corpo alla sua opera, raccogliendo, accumulando, accogliendo ospiti e visitatori, allestendo e riallestendo stanze e pareti. Saranno gli anni dei riconoscimenti e dell’avvio della sua presenza in libri, riviste, aule accademiche, tesi di laurea. Nel 2003, a 3 anni dalla sua scomparsa, nascerà una Fondazione che porterà il suo nome e che oggi gestisce il museo e promuove la valorizzazione della sua eredità culturale.
Cos’è il Museo di Ozzano Taro
A Ozzano Taro, sul podere Bellafoglia, risiede il Museo di Ettore. Impossibile poterlo descrivere compiutamente, bisogna visitarlo perché è indescrivibile. I 60.000 oggetti che Ettore ha raccolto per raccontare la vita e la dignità degli umili sono composti su pareti, soffitti, pavimenti per far si che il visitatore possa “immergersi” in quel tutto che è la storia fatta dai vissuti del quotidiano. Federico Zeri un giorno disse del Museo Guatelli: “Questo museo andrebbe considerato come una sorta di santuario della società contemporanea italiana” ed altri, entrando nel Salone centrale, commentarono quell’insieme come “la Cappella Sistina degli umili”. Nel Museo di Ettore il sacro è presente ed è affidato alla sacralità insita in ogni storia di vita, ad ogni atto del quotidiano dove le “meraviglie dell’ ovvio” sono quelle che sostanziano le esistenze del lavoro, della fatica, dell’ingegno e della creatività popolare.
La casa e il museo sono le due anime dell’opera di Guatelli, la realizzazione, su due piani, di un’unica idea, quella della raccolta di oggetti capaci di concorrere ad un grande testo sulla storia degli umili e del quotidiano. Il museo, luogo della sperimentazione di una possibile museografia e di scritture espositive (con la stanza delle ruote, lo scalone, la stanza dei giocattoli, il salone, la stanza della cucina e quella delle scarpe) e la casa in cui si esprime in maniera più evidente l’anima del collezionista (con la camera di Ettore, la stanza della musica, quella dei vetri e poi quella delle latte, degli orologi e il ballatoio delle ceramiche). Nella casa l’accumulo e la collocazione degli oggetti seguono logiche più interne, mappe della mente del collezionista che, seppur pensate anche per l’ospite visitatore, sono legate a tracciati più intimi, a una “visione del mondo” che prima di essere impresa espositiva è una riflessione in appunti, tracce, brani di scrittura aperti.
Nel comporre il suo museo, Ettore Guatelli ha voluto dare una dimora alle biografie e alle storie di umanità che trapelano dalle cose.
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